Il Venezuela onorerà i pagamenti in scadenza. Fra domani e il prossimo 2 novembre saranno rimborsati puntualmente obbligazioni per 2 miliardi di dollari della compagnia petrolifera statale Petroleos de Venezuela (PDVSA) e verrà posta fine all’ondata speculativa mediatica internazionale che ha messo in fuga gli investitori dal paese caraibico.

Ad affermarlo è l’ex presidente di PDVSA ed ex Ministro del Petrolio Rafael Ramirez, attualmente ambasciatore venezuelano presso le Nazioni Unite, aggiungendo che il Venezuela rimborserà anche i bond in scadenza il prossimo anno e che riguardano più in particolare le obbligazioni governative Venezuela 13,625% (Isin US922646AT10, USP9395PAA95) e Venezuela 7% con scadenza rispettivamente agosto e dicembre 2018 (USP97475AJ95).

Gli investitori dovrebbero trarre conforto dal fatto che il Venezuela è seduto sulle più grandi riserve petrolifere del mondo, abbiamo le risorse per onorare i nostri debiti e lo faremo, come abbiamo sempre fatto. Non siamo nelle condizioni di fallire” – ha dichiarato Ramirez in un’intervista a New York -. “Prima di parlare male di PDVSA – ha proseguito Ramirez – è bene che gli investitori conoscano i fondamentali della compagnia petrolifera, una delle più grandi e importanti al mondo e che recentemente sta portando avanti un programma di investimenti da 50 miliardi di dollari insieme ad altre aziende petrolifere internazionali per sfruttare al meglio le risorse di cui il Venezuela gode”. “Il Venezuela – conclude Ramirez – è stato messo in difficoltà lo scorso agosto dalle sanzioni imposte da Donald Trump, ma in tutta risposta stiamo intraprendendo importanti iniziative commerciali con Cina, Russia e India per diversificare le fonti di finanziamento. Nonostante questi ed altri problemi, il Venezuela non sarà insolvente”.

 

Petrolio: Aarabia Saudita e Russia per estensione taglio produzione a fine 2018

 

Il Venezuela, si sa, basa per il 95% il proprio budget sulle entrate derivanti dalle esportazioni di petrolio. Da quando le quotazioni del greggio sono crollate, Caracas ha iniziato a soffrire e il Paese è piombato in una profonda recessione economica.

Ad alimentare il caos ci si sono messi poi anche gli speculatori, i media e gli USA. Tuttavia, Caracas è sempre riuscita a onorare i propri debiti internazionali, sia grazie all’appoggio economico di Russia e Cina, sia vendendo riserve di oro. Recentemente, inoltre, vi sono segnali incoraggianti da parte dei paesi produttori di petrolio per una risalita dei prezzi.

L’ Arabia Saudita e la Russia vogliono estendere l’accordo di taglio della produzione petrolifera fino alla fine del 2018, continuando il loro impegno per ridurre l’eccesso di offerta di greggio globale. Lo dichiarano alcune fonti a conoscenza dei fatti. I due Paesi, fra i maggiori produttori ed esportatori d’oro nero, forniscono così nuovo supporto agli sforzi dell’Opec per limitare l’output di greggio. I tagli alla produzione concertati fra il Cartello e la Russia sono riusciti a far calare le scorte negli Usa e in altri Paesi, anche se i prezzi del petrolio continuano a mantenersi al di sotto del livello desiderato dall’Arabia Saudita.

Il ministro dell’Energia di Mosca, Alexander Novak, ha dichiarato che il Paese avrebbe prodotto circa 100.000 barili al giorno in più nel caso in cui l’accordo con l’Opec non fosse continuato. Una fonte saudita a conoscenza dei fatti ha precisato che l’estensione dell’accordo fino alla fine del 2018 tranquillizzerebbe i mercati, evitando di creare distorsioni quando l’offerta di petrolio ritornerà su livelli più alti. Khalid al-Falih, ministro del Petrolio dell’Arabia Saudita, ha affermato di “non voler fare nulla per creare shock nei mercati, nè di voler abbandonare i piani a metà strada“. Il politico ha invece detto di “voler fare qualsiasi cosa necessaria” per ridurre l’eccesso di offerta di greggio.