Gli Stati Uniti applicano nuove sanzioni contro il Venezuela. Con la scusa che nel Paese caraibico il presidente Nicolas Maduro abbia soffocato la democrazia facendo venir meno al popolo i beni di prima necessità, Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che impone nuove sanzioni economiche al Venezuela.

 

Il provvedimento vieta le operazioni con debito e capitale emessi dal governo venezuelano e dalla società petrolifera statale Petroleos de Venezuela. Vietate anche operazioni in certi bond esistenti di proprietà del settore pubblico venezuelano.

Queste misure sono accuratamente calibrate per negare fonti di finanziamento alla dittatura di Maduro”, ha affermato la Casa Bianca, aggiungendo che esse “tutelano anche il sistema finanziario degli Stati Uniti dalla corruzione del Venezuela“.

 

L’attacco USA al Venezuela

 

Non staremo a guardare mentre il Venezuela si sgretola” – si legge in una nota della Casa Bianca. “La dittatura di Maduro  continua a privare il popolo venezuelano di cibo e medicine, imprigiona l’opposizione democraticamente eletta, sopprime con violenza la libertà di espressione”. Secondo la dichiarazione rilasciata da Washington, “la decisione del regime di creare una illegittima Assemblea costituente, e più di recente di far sì che l’organo usurpasse i poteri dell’Assemblea nazionale democraticamente eletta, rappresenta una rottura fondamentale nell’ordine costituzionale legittimo del Venezuela“.

 

La risposta di Caracas

 

Sanzioni definite Venezuela “la peggiore aggressione al Paese degli ultimi 200 anni“, secondo quanto ha affermato il ministro degli Esteri di Caracas, Jorge Arreaza, chiedendosi se l’obiettivo di Washington sia quello di creare un “crisi umanitaria“. “Che cosa vogliono? Vogliono far morire di fame il popolo venezuelano? Che cosa stanno cercando? Non capiamo veramente“, ha detto Arreaza dopo un incontro con il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che ha definito “molto utile“.

 

I bond venezuelani rendono il 30%

 

Inutile dire che agli USA dei diritti umani e della democrazia non gliene importa nulla, ma che di fatto hanno necessità, oggi più di ieri, di mettere mano sul controllo dei più grandi giacimenti di petrolio al mondo.

Questo deriva dal fatto che i costi per l’estrazione dell’olio di scisto negli USA stanno diventando sempre più proibitivi e il petrolio venezuelano è poco distante dal Nord America. La destabilizzazione del Venezuela è quindi finalizzata esclusivamente al controllo della principale risorse energetica degli Stati Uniti, come avvenuto più recentemente in Libia e in Siria. Da più parti, poi, ci si chiede come Trump possa vietare il trading sui bond del Venezuela quando grandi istituzioni finanziaria americane, come Goldman Sachs e Bank of America (finanziatrici di Trump alla casa Bianca), hanno interessi diretti a Caracas avendo pure investito miliardi di dollari nel debito della compagnia petrolifera statale. Non solo, la stessa PDVSA aveva “donato” mezzo milione di dollari al presidente USA dopo la vittoria elettorale. C’è qualcosa che non quadra.

 

Sul fronte finanziario, i rendimenti dei bond venezuelani viaggiano intorno al 30%, così come quelli emessi da PDVSA. Lo Stato non ha debiti in scadenza quest’anno, ma fra poco più di due mesi, la compagnia petrolifera statale dovrà rimborsare circa 2 miliardi di dollari: la prima tranche del bond 8,50% 2020 (Isin USP7807HAV70) e l’ultima tranche del bond 8,50% 2017 (Isin USP7807HAK16). La quotazione di quest’ultimo titolo è al 93% del valore nominale scontando un probabile rimborso il 2 novembre prossimo.