Fra i bond dei paesi emergenti europei, balzano all’attenzione le obbligazioni in euro della Bulgaria. Il piccolo satto dell’Europa centrale offre infatti rendimenti interessanti sui propri bond governativi, se paragonati ai nostri Btp sui quali ormai non vale più la pena investire. I titoli di stato bulgari danno infatti interessi più allettanti a parità di durata e la differenza di rating fra Sofia (BB+) e Roma (BBB-) per Standar & Poor’s è di solo un noch. Naturalmente stiamo parlando di obbligazioni in euro, e quindi senza rischio cambio, tenendo anche in considerazione che il rapporto fra la moneta unica e il lev bulgaro (BGN) è fisso.
Inoltre, per fondi d’investimento e investitori qualificati, la Bulgaria non è un paese a rischio, anche perché orbita ormai da tempo intorno alla Ue, nonostante il paese sia al di fuori dell’eurozona e non adotti la moneta unica.
Titoli di stato bulgari a tasso fisso La Bulgaria ha recentemente collocato obbligazioni in euro per 3,1 miliardi. I titoli sono stati ampiamente sottoscritti dagli investitori istituzionali. Digerito il fallimento della Corporate Commercial Banck –
Corpbank, una delle primarie banche del paese, la Bulgaria si è vista ridurre i rendimenti sui propri bond anche per effetto del
quantiative easing europeo che, benché non interessi Sofia, ha spinto gli investitori a considerare maggiormente anche il debito dei paesi limitrofi. Così, grazie anche all’aiuto della BCE, la Bulgaria è riuscita a collocare tre tranches di nuovi titoli di stato spuntando rendimenti più favorevoli in vista di un più ampio programma di rifinanziamento del debito pubblico, aumentato proprio per sostenere il collasso di Corpbank. L’obbligazione più corposa è stata prezzata per 1,25 miliardi di euro con una maturazione a sette anni, mentre altre due hanno visto il book chiudersi su una lunghezza temporale a 12 e 20 anni. Più nel dettaglio, Il bond Bulgaria 2022 (
XS1208855616) è stato prezzato a 98,849% per un rendimento del 2,15% a fronte di una cedola fissa del 2%.
Più generoso, invece, il bond Bulgaria 2027 (
XS1208855889) prezzato a 98,918 con cedola del 2,625% che offre uno yield del 2,72% e il bond Bulgaria 2035 (
XS1208856341) venduto a 97,982% che paga un coupon del 3,125% offrendo un rendimento a scadenza del 3,25%. Tutte e tre le obbligazioni sono quotate alla borsa del Lussemburgo e sono negoziabili per importi minimi di 100.000 euro con multipli aggiuntivi di 1.000. Il regime fiscale per le obbligazioni bulgare è 12,50%, al pari dei titoli di stato italiani. Secondo gli analisti di
Moody’s, che valutano i bond bulgari con rating Baa2, nonostante il periodo congiunturale e il collasso di Corpbank, il quadro socio-economico bulgaro è in miglioramento
Bulgaria, il quadro economico migliora Grazie soprattutto alla crescita dell’export bulgaro e ai conti pubblici tenuti sotto controllo, l’
economia bulgara è in crescita, seppur moderatamente, già dagli anni 2012 e 2013 e le previsioni per i prossimi anni sono favorevoli. Gli organismi economici internazionali si attendono, infatti, un ulteriore consolidamento ed accelerazione della ripresa, che dovrebbe registrare una media del 3% tra il 2015 ed il 2018. Va tuttavia tenuto presente che la domanda interna resta debole, la disoccupazione alta e gli investimenti esteri in netta flessione. La sostenibilità della crescita, quindi, dipenderà dalla ripresa dell’eurozona, dalla fiducia degli investitori sullo sviluppo del Paese e dagli sforzi del Governo per garantire certezza del diritto, trasparenza e regole di mercato. L’interscambio commerciale con l’Europa, nonostante la crisi, è cresciuto notevolmente in questi ultimi anni ed ha ormai raggiunto livelli record. L’Italia è il terzo partner della Bulgaria (dopo Germania e Russia) e il 2013 si è chiuso con un fatturato di 3,852 milioni di euro (+11,65% rispetto al 2012 e + 17,21% rispetto al 2007), mentre il nostro export è cresciuto del 14,20%, interessando soprattutto i settori della meccanica e degli autoveicoli. L’Italia è anche tra i primi investitori in Bulgaria e gli investimenti si sono indirizzati principalmente verso i settori manifatturiero, energetico, agroalimentare, infrastrutturale, ambientale e dei servizi bancari.
Nel Paese operano circa 1.000 imprese, in prevalenza Pmi, a capitale italiano o misto.
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