Sovrapproduzione. In una parola, il problema alla base della crisi dell’acciaio è solo questo. Se un colosso come la Thyssenkrupp, numero due al mondo dietro ad AcerlorMittal, sta cercando disperatamente di vendere gli altoforni in Brasile e Stati Uniti per 7 miliardi di dollari, un motivo di forte preoccupazione c’è. Dopo aver cercato di contenere i costi negli anni risparmiando in spese per la sicurezza, vedi caso emblematico dell’acciaieria di Torino che fa in un certo senso il paio con l’Ilva di Taranto, le fonderie stanno passando al piano B, cioè a quello della vendita o della chiusura degli impianti di produzione.
Crisi ThyssenKrupp: il mondo ha meno bisogno di acciaio
Del resto, se non si vendono più (come prima) automobili in Europa, se le famiglie non possono più permettersi di mantenere contemporaneamente il Suv, la citycar e la moto pagandoli a rate, anche la Thyssen è costretta a rivedere i sui obiettivi in Europa dove la crescita per quest’anno, secondo le previsioni, sarà negativa, mentre oltreoceano la domanda di prodotti semilavorati sta cominciando a dare preoccupanti segni di debolezza, come si evince dal calo degli ordinativi e dall’aumento delle scorte negli USA. In soldoni, il numero uno tedesco dell’acciaio, nato nel 1997 dalla fusione della Thyssen con la Krupp, che ha alle dipendenza 180.000 lavoratori in 80 paesi, molto conosciuto anche per la produzione di sottomarini e ascensori, ha chiuso i primi nove mesi del suo esercizio fiscale in perdita di 220 milioni di euro contro un utile netto di 574 di un anno fa. Ma sarebbe potuto andar peggio se la società non avesse venduto l’altoforno Vaupaca a fine giugno negli Usa a fine giugno.
Le obbligazioni ThyssenKrupp sono meno rischiose dei titoli di stato italiani
Sul mercato obbligazionario, ThyssenKrupp è presente con diverse emissioni in euro, tutte abbastanza liquide e alla portata anche dei piccoli investitori essendo negoziabili per tagli da 1.000 euro nominali. Il rating attribuito dall’agenzia internazionale Standard & Poor’s ai bond è stato recentemente abbassato di uno scalino, a BB, con outlook negativo a causa delle forti perdite di vendita di acciaio avvenute negli USA e in America Latina durante il primo semestre del 2012. Gli analisti tuttavia sono fiduciosi e ritengono che il conglomerato tedesco possa riuscire nella seconda metà dell’anno a ristabilire un adeguato livello di liquidità a supporto del debito, nonostante il titolo azionario (vedi grafico a lato) abbia subito un tracollo alla borsa di Francoforte. Fra le varie emissioni, il bond ThyssenKrupp 4,375% 2017 da 1,25 miliardi di euro (isin DE000A1MA9H4), dopo aver subito un forte calo a seguito della diffusione dei conti di primi nove mesi, ha recuperato velocemente e ora viene scambiato intorno a 104 con un rendimento a scadenza del 3,35%. Un tasso migliore addirittura della rivale ArcelorMittal, il cui bond al 4,625% da 1 miliardo di euro sull’analoga scadenza offre un rendimento del 4,11% (prezzo 102,50). Secondo gli investitori, la società tedesca, nonostante le difficoltà, gode di ottime credenziali a livello internazionale e i bond, benché non offrano a questi livelli un potenziale rialzista, sono fra i più sicuri nella categoria non investment grade.