Questione di giorni, forse al massimo di un paio di settimane e il fondo sovrano saudita emetterà il suo primo green bond. Il Public Investment Fund (PIF) gestisce asset per 620 miliardi di dollari. E’ alimentato dai proventi petroliferi incassati dal regno, primo esportatore di greggio nel mondo. Esso contribuisce a realizzare la cosiddetta “Vision 2030” svelata nel 2016 dal principe Mohammed bin Salman, vero detentore del potere a Riad. Il piano consiste nel porre fine alla dipendenza dell’economia saudita dal petrolio entro la fine di questo decennio.
Il green bond sarà probabilmente emesso in dollari USA. I rating assegnati all’emittente sono A per Fitch e A1 per Moody’s, in linea con il giudizio che le due agenzie assegnano al debito sovrano saudita. Ciò ci spinge a credere che i rendimenti esitati saranno sostanzialmente simili a quelli delle obbligazioni del regno. Esse offrono sul mercato secondario il 4,10% scarso per la scadenza a 5 anni, meno del 4,30% per quella a 10 anni e il 5,35% per quella a 30 anni.
L’Arabia Saudita risulta indebitata per appena il 30% del PIL, ma grazie al boom delle quotazioni petrolifere il rapporto dovrebbe scendere già quest’anno. L’indebitamento netto, però, sarebbe nettamente negativo. Infatti, gli asset detenuti dal fondo sovrano superano di gran lunga il debito pubblico emesso. Dunque, il green bond di PIF partirebbe da una solidità finanziaria invidiabile, sebbene i rating possano apparire non così elevati per un paese con conti pubblici così positivi.
Green bond per diversificare l’economia saudita
Il fatto è che le agenzie internazionali continuano a notare una forte dipendenza dell’economia e, quindi, del bilancio dello stato dalle entrate petrolifere.
PIF punta a investire quest’anno nell’economia domestica 40 miliardi di dollari, circa il 5% del PIL. L’obiettivo resta sempre la diversificazione, un fatto che accresce l’outlook del regno nel medio-lungo termine. Da notare, ad esempio, l’impennata del tasso di occupazione femminile da meno del 20% nel 2016 ad oltre il 35% nel 2021. La monarchia ha voluto incentivarla per consentire all’economia di camminare sulle proprie gambe, indipendentemente dal settore petrolifero. Al contempo, sono stati tagliati i sussidi per l’energia ed è stata introdotta l’IVA su alcuni beni.
Il green bond arriva dopo che PIF ha ricevuto prestiti per 11 miliardi di dollari dalle banche nel 2018, seguiti da altri 10 miliardi nel 2019, rimborsati questi ultimi nel 2020. Si tratta di un salto di qualità, un modo per ampliare le fonti di approvvigionamento sul mercato dei capitali internazionali.