Chi investe sul mercato obbligazionario, avrà sentito parlare tante volte di rischio sovrano e di spettro default, ma raramente di cosa può accadere dopo che si verifica un evento creditizio. In questo articolo, faremo il punto sulla fase di ristrutturazione del debito, un processo complicato e spesso lungo, al termine del quale gli obbligazionisti avranno senz’altro sostenuto perdite per consentire alla controparte di pagare i creditori e di tornare ad avere accesso ai mercati finanziari.

Ristrutturazione debito, Ghana trova accordo

E’ di questi giorni la notizia che il Ghana ha raggiunto un accordo di ristrutturazione del debito su Eurobond in default per 13 miliardi di dollari.

Esso prevede a grandi linee un taglio del capitale nominale del 37% e un allungamento delle scadenze. Se il Fondo Monetario Internazionale (FMI) darà il suo assenso, rilascerà una seconda tranche da 360 milioni dopo quella di 600 milioni erogata a seguito di un simile accordo tra il governo di Accra e i creditori dei titoli del debito in valuta locale.

In cosa consiste, dunque, la ristrutturazione del debito e quando essa avviene? Il primo passo consiste (pur non necessariamente) nel default. Un governo non è in grado di onorare una o più scadenze, per cui tecnicamente si verifica l’evento creditizio. A quel punto, perde l’accesso al mercato dei capitali. Nessuno presterà denaro a uno stato che ha smesso di pagare. Quasi sempre iniziano trattative con entità sovranazionali come l’FMI per ottenere prestiti con cui fronteggiare le scadenze future. Questi vengono erogati dietro l’implementazione di severe riforme economiche, tese a rilanciare la crescita nel medio-lungo periodo e a rendere il debito sostenibile.

Misure principali per ristrutturazione debito

Altro presupposto per l’esborso è un accordo con i creditori privati per la ristrutturazione del debito. Questi sono tenuti a sostenere perdite non minime prima che lo stato riceva aiuti pubblici che dovranno essere restituiti.

Ecco quali sono le misure principali di un qualsiasi accordo:

  • “haircut”, ossia riduzione del valore nominale dei bond
  • riduzione delle cedole
  • allungamento delle scadenze o “roll over”
  • un mix delle tre di cui sopra

Haircut

In altre parole, la ristrutturazione del debito consiste sempre in un suo taglio nominale. Lo stato si rivolge ai creditori e propone loro la seguente: anziché pretendere la restituzione (irrealistica) del 100% del valore nominale dei bond, accontentatevi del 70-80% o anche meno. Gli obbligazionisti trattano su questa e altre condizioni, sia perché l’alternativa per loro sarebbe di non ricevere alcunché, sia perché generalmente essi hanno già comprato sul mercato i bond a sconto, per cui le perdite effettive a loro carico risultano spesso molto inferiori a quelle teoriche.

Taglio cedole

Dopodiché, si prospetta anche un taglio delle cedole. Ciò consente al governo di ridurre la spesa per interessi negli anni successivi, a beneficio dei conti pubblici. Le soluzioni possono essere tra le più disparate: cedole azzerate per un primo periodo di tempo, cedole step-up, cedole indicizzate al Pil, ecc. In ogni caso, l’importante sarà per lo stato ottenere una riduzione degli oneri complessivi da pagare.

Allungamento delle scadenze

Altra misura fondamentale per la ristrutturazione del debito è l’allungamento delle scadenze. Questo diventa spesso il momento di maggiore tensione tra le parti. Quando verranno pagati i bond già scaduti e quelli in scadenza nel futuro? In genere, il debitore raggruppa le scadenze in pochi bond di nuova emissione alle nuove condizioni pattuite, al contempo allungandone la durata media ponderata. Essenziale sarà ottenere un periodo di grazia durante il quale non ci sarà perlomeno alcun capitale da rimborsare. I primi anni dopo il default saranno duri. Le riforme possono finanche provocare recessione economica e conseguente calo delle entrate fiscali.

Meglio lasciare che il debitore prenda un po’ di aria prima di tornare a pagare i creditori.

Trattative anche senza default: caso Grecia

Dicevamo, default non necessario. La ristrutturazione del debito può essere avviata senza che si verifichi alcun evento creditizio, bastando che esso sia considerato assai probabile nel breve periodo. Accadde alla Grecia nel maggio del 2012, quando gli obbligazionisti subirono un “haircut” del 53,5%, pari a 107 miliardi di euro perduti. Tecnicamente, Atene non andò in default. Tutti sanno che ci sarebbe andata senza un accordo. I creditori privati presero atto, pressati dai governi europei e dalle istituzioni sovranazionali.

Processo lungo

I tempi per giungere a un accordo di ristrutturazione del debito possono essere lunghi per svariate ragioni. Il governo potrebbe mostrarsi poco propenso a trattare o non ci sono le condizioni macro per farlo. Ad esempio, il Venezuela di Nicolas Maduro ha sospeso i pagamenti sin dalla fine del 2017. Ad oggi, le trattative con i creditori non sono neppure iniziate. Un po’ per mancanza di volontà politica, un po’ anche perché le sanzioni comminate dagli Stati Uniti non permettono a Caracas di esportare petrolio con cui accedere ai dollari necessari con cui effettuare i pagamenti.

Ristrutturazione debito, fattore tempo

Non è un caso che quando s’investe nei bond in valute forti di economie emergenti, bisogna guardare ai livelli delle riserve valutarie. Essi segnalano non solo il grado di rischio del credito, ma anche le probabilità di avviare e concludere in tempi brevi le trattative per giungere a un accordo di ristrutturazione del debito. Il fattore tempo è determinante anche più delle altre variabili sopra elencate. Pensate che abbia senso perdere anni e anni a dibattere se bisogna tagliare il capitale del 40 o del 50%? A quel punto, meglio accontentarsi di meno e prima, anziché portarla per le lunghe e rischiare di non vedere il becco di un quattrino per chissà quanto tempo. A proposito, l’accordo formalmente si ha quando i creditori lo avranno approvato secondo le maggioranze richieste nelle apposite assemblee.

E qui si apre un altro capitolo non meno complesso.

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