Le minute dell’FOMC di gennaio ci hanno ricordato che ci troviamo in una fase di stretta monetaria. Nulla nel verbale fa pensare che la banca centrale americana abbia deciso di modificare il suo orientamento che per quest’anno prevede altri rialzi dei tassi di interesse. È vero che l’incontro ha avuto luogo prima dell’ondata di volatilità sul mercato azionario, ma in ogni caso lo scenario non è cambiato per l’economia USA. Avremo qualche dettaglio in più sulle prospettive della Federal Reserve dopo l’incontro del 21 marzo.
A differenza di altri cicli recenti di rialzo dei tassi, questa volta non ci sono enigmi da risolvere. I rendimenti obbligazionari sono in aumento per via degli stessi fondamentali alla base del cambiamento politico: crescita più alta, inflazione potenzialmente in aumento e stimoli fiscali. In questo momento, il rendimento dei Treasury decennali è sceso rispetto al livello del 3,0% su cui si era attestato il mercato nelle ultime due settimane, ma basterebbe una sorpresa economica per riportarci su tale soglia psicologica.
Il deficit di bilancio è in aumento e dev’essere finanziato. Quest’anno il livello del debito risulterà più alto rispetto all’ultimo periodo. Inoltre, la Federal Reserve ha cessato di acquistare titoli. Per essere precisi, ha iniziato a ridurre le dimensioni del suo stato patrimoniale. Questi fattori di domanda e offerta sono una delle ragioni che ci porta a pensare che il rischio sia in aumento sul fronte dei rendimenti.
Rendimenti USA più alti, ma…
Da un punto di vista macroeconomico, i rendimenti Usa probabilmente dovranno salire ancora per risultare interessanti agli occhi della comunità di investitori obbligazionari globali che non hanno come valuta base il dollaro e che non vogliono assumere il rischio di cambio.
Certamente ci sono molti investitori non americani disposti a detenere strumenti in dollari, sia investitori privati che istituzionali.
Se sono produttori di materie prime o presentano un ampio avanzo della bilancia dei pagamenti, avranno un afflusso costante di dollari che deve essere reinvestito (al fine di contenere le pressioni al rialzo sulle rispettive valute). Ci sono diversi istituti che vogliono e devono avere in portafoglio strumenti in dollari e che saranno quindi più che felici del rialzo dei rendimenti.
Per coloro che non ne hanno bisogno e si trovano bloccati in mercati dove il Quantitative Easing mantiene i rendimenti bassi, il reddito fisso resterà un investimento molto costoso. Nell’Eurozona questo significa che i settori europei come l’high yield e i titoli di Stato dei Paesi periferici continueranno a produrre rendimenti inferiori a quanto indicherebbe altrimenti la loro affidabilità di credito nel più lungo termine.
Una scelta difficile per gli investitori europei
Il costo per la copertura del tasso di cambio è un grosso problema per gli investitori europei che vogliono rendimenti più alti ma che non vogliono sostenere il rischio valutario.
Dunque che scelta hanno gli investitori europei che vogliono un ritorno potenzialmente più alto dal reddito fisso in dollari, ma non vogliono incrementare troppo il rischio collegato ai tassi di cambio? Lo yield raramente coincide con il ritorno complessivo dell’investimento su brevi periodi perché il rendimento varia nel tempo e questo comporta anche un’oscillazione dei prezzi obbligazionari. In parole semplici, il ritorno di un portafoglio obbligazionario, o dell’indice, è determinato dal carry (i pagamenti delle cedole che ricevono gli investitori) più le variazioni di prezzo che dipendono dalle variazioni dei tassi sottostanti o degli spread di credito.
Il fatto che lo yield di un portafoglio obbligazionario USA con copertura in euro oggi non sembri interessante non significa che valga lo stesso anche per il rendimento complessivo. I gestori attivi si impegnano in questo senso rettificando le esposizioni sul rischio e cercando di ottenere un miglior profilo di rischio e rendimento, limitando l’impatto del rialzo dei tassi (riducendo l’esposizione sulla duration), incrementando il carry (cercando rendimenti interessanti) e sfruttando i rally obbligazionari in futuro (incrementando le scadenze a più lungo termine). Eppure, il ritorno in euro sarà comunque più basso di quello in dollari a causa del costo di copertura, ma un fondo a gestione attiva dovrebbe offrire l’opportunità, almeno a livello potenziale, di battere il rendimento con copertura in euro.
Nessuna riduzione dei costi di copertura
Sfortunatamente la situazione non cambierà molto presto. I tassi di interesse a breve termine negli Stati Uniti saliranno ancora rispetto ai tassi di interesse in Europa poiché la Banca centrale europea (BCE) non li alzerà ancora per un po’. L’irripidimento della curva negli Stati Uniti contribuirà a rendere i Treasury più interessanti e l’ampliamento degli spread di credito renderà le obbligazioni societarie più appetibili.Tuttavia, il reddito fisso core negli Stati Uniti probabilmente continuerà a essere meno vantaggioso per gli investitori europei rispetto al reddito fisso core in euro. Dunque, per gli investitori europei potrebbe esserci più valore in alcune aree del mercato americano per le posizioni non core: obbligazioni strategiche flessibili, high yield e mercati emergenti. In genere queste posizioni hanno rendimenti più alti e una gestione più attiva, dunque offrono un’alternativa diversificata ai prodotti a reddito fisso europei core.
La transizione dal QE
Gli Stati Uniti si stanno allontanando dal Quantitative Easing e dai tassi di interesse bassissimi. Queste dinamiche da una parte fanno salire i rendimenti obbligazionari, dall’altra non si traducono necessariamente in rendimenti più alti per gli investitori nel resto del mondo che vogliono coprire il rischio valutario.