La comunicazione ufficiale che la Commissione europea chiederà ai capi di stato e di governo della UE l’attivazione della procedura d’infrazione per debito eccessivo ha fatto lievitare ulteriormente lo spread BTp-Bund a 10 anni fin sopra a 285 punti base, con i nostri bond decennali ad offrire fino al 2,63%. Aldilà dell’impennata “intraday”, il dato saliente che emerge nitidamente in questi mesi è che il mercato sovrano italiano sia diventato un mondo a parte nel panorama obbligazionario. I rendimenti nell’Eurozona sono ormai negativi fino alla scadenza dei 5 anni, ad eccezione di Italia e Grecia per l’appunto, mentre nell’area “core” si arriva ai 7 anni in media, con punte di 10 in Germania e Olanda.
BTp Futures, fare trading con i titoli di stato italiani sul mercato dei derivati
In tutto, nel mondo esistono 11.000 miliardi di dollari di obbligazioni, quasi tutte sovrane, a rendere sotto lo zero, il doppio di appena 6 mesi fa, per quanto ancora un po’ meno del picco massimo dei 12.000 miliardi toccati nel 2016. E’ il segno che il mercato sia disposto a investire in perdita, confidando che i prezzi dei bond salgano ulteriormente (e i rendimenti scendano) e terrorizzato dall’idea di puntare il proprio denaro su altri canali. Un indice di paura, insomma.
Per i fondi pensione, in particolare, le attuali condizioni stanno diventando un grosso problema. Se è vero che il loro orizzonte temporale sia di lungo termine, ormai sono costretti da anni a fare i conti con rendimenti così bassi e non sembra che il fenomeno voglia togliere il disturbo da qui a breve; il rischio che corrono consiste nell’indispettire i clienti nei prossimi anni o decenni, quando si ritroveranno a percepire una pensione integrativa inferiore alle attese, visto che i fondi non hanno potuto investire i premi versati in strumenti remunerativi a sufficienza e al contempo minimamente sicuri.
Cosa tiene alla larga i fondi pensione dai BTp
Per questo, i BTp fanno gola. Parliamoci chiaramente: il rischio default dell’Italia resta molto basso, ma i rendimenti sono da emittente speculativo, come se si trattasse di uno stato che si accinga a ristrutturare il suo debito sovrano o che lo abbia già fatto. Eppure, non è così. L’Italia paga una crisi di fiducia fortissima verso la sua classe politica, che è riesplosa con la nascita del governo Conte, ma che in fondo era stata solo sopita negli anni passati a colpi di “quantitative easing” della BCE. Pensate solo che un fondo pensione risolverebbe i suoi problemi di “yield”, se investisse almeno parzialmente sui BTp a medio-lunga scadenza, anziché in Bund e altri bond “core” e persino “semi-periferici”.
BTp battuti dai bond in bolla della Grecia
Il BTp a 10 anni non offre meno del 2,50%, sopra l’inflazione media europea e americana. Il Bund viaggia al -0,20%, circa il -2% reale all’anno, tenuto conto dell’inflazione media nelle economie avanzate. E allora, perché non buttarsi sui primi, se si ritiene che l’ombra del default sia solo una suggestione mediatico-politica? Semplicemente per paura di ulteriori “downgrade” ai danni dell’Italia, quando già oggi i suoi rating ballano sull’orlo del “non investment grade”. Scendendo sotto “BBB-“, i BTp non potrebbero essere più nemmeno mantenuti dai fondi pensione per ragioni di tutela degli assets. Dunque, chi li acquistasse oggi rischierebbe di doverli rivendere in fretta e furia a prezzi inferiori, subendo perdite.
Solo una risalita dei rating italiani spingerebbe agli acquisti dei BTp, non per il minore rischio sovrano percepito, quanto per l’allontanarsi della prospettiva di un declassamento a “spazzatura” dei titoli. Ma l’upgrade non arriva per miracolo.