La crisi fiscale italiana assume tratti preoccupanti. Il deficit sembra avviato verso il 10% del pil, mentre il debito pubblico potrebbe portarsi sopra il 150%, puntando persino verso il 170%. Per quanto il deterioramento dei conti pubblici sia in corso in tutto il mondo, riguardando persino economie insospettabili come la Germania, per l’Italia si mostra già meno sostenibile che altrove, a causa degli alti livelli di partenza del debito. Il rischio di un declassamento del rating è reale, probabile e quel che più fa paura è che il prossimo passo sarebbe la caduta dei BTp nell’area “junk” o “spazzatura”.
L’Italia ad oggi mantiene lo status di “investment grade” (IG) sui mercati finanziari, cioè i nostri titoli del debito vengono considerati ancora a basso rischio. Perdendo questa qualità, il Tesoro sarebbe definito un emittente speculativo, cioè il nostro debito verrebbe classificato ad “alto rischio” e diversi fondi d’investimento, specie quelli sovrani e pensionistici, dovrebbero vendere BTp entro breve o non potrebbero più acquistarne di nuovi. La domanda si abbasserebbe notevolmente e i rendimenti salirebbero, potenzialmente facendoci perdere l’accesso ai mercati. E’ accaduto a Grecia, Portogallo e Irlanda negli anni della crisi dei rispettivi debiti sovrani. Atene ha ripreso a rifinanziarsi con costanza sul tratto medio-lungo della curva solamente da un anno.
Ecco cosa succede se le agenzie di rating declassano i BTp a “spazzatura”
Quali sarebbero le date a rischio per il “downgrade”? Il 24 aprile sarà il giorno del giudizio per S&P, il cui rating sui BTp è “BBB” con outlook stabile. Qui, possiamo permetterci di essere bocciati di un altro gradino, cioè di scendere fino a “BBB-“, restando comunque in area IG. Eviteremmo la caduta negli inferi, ma gli investitori istituzionali forse si preparerebbero già al peggio, liquidando le posizioni sull’Italia o almeno limitandole a percentuali non difficili da smaltire per il caso in cui arrivasse il declassamento fatale.
La calda estate dei BTp
L’8 maggio è la volta della canadese Dbrs e di Moody’s. La prima risulta la più generosa verso di noi, classificando i BTp a “BBB (high)” e con outlook stabile, praticamente a tre gradini sopra il livello spazzatura. Anche un sostanzioso “downgrade” non dovrebbe provocare alcunché di irreparabile. Per Moody’s, la questione è più delicata. Il suo giudizio è già a un solo gradino sopra il livello più alto dell’area “high yield”, cioè “Baa3”, sebbene ancora l’outlook sia stabile. Anche in questo caso, dovremmo sperare che almeno l’agenzia ci conceda qualche mese di tempo, annunciando prima di voler revisionare l’affidabilità creditizia dell’Italia. L’appuntamento con il destino verrebbe rinviato all’estate.
Infine, il 10 luglio sarà la volta di Fitch. Rating “BBB” e outlook negativo. Possiamo permetterci la retrocessione di un solo gradino, alquanto probabile. Dunque, nella migliore delle ipotesi, da qui a circa 90 giorni saremmo a un solo passo dall’essere giudicati un paese con debito spazzatura (rating “BB+” il livello più alto dell’area junk). L’inevitabile arriverebbe tra inizio agosto e ottobre. Ai primi dell’autunno, il quadro sull’evoluzione dei conti pubblici sarà molto più chiaro. Le agenzie avranno a disposizione i dati sul pil nel primo semestre e quelli relativi ai primi 9 mesi dell’anno con riferimento alla produzione industriale, all’andamento della manifattura e dei servizi, oltre che al fabbisogno dello stato fino almeno al mese di luglio.
Cosa potrebbe salvarci dal peggio? In teoria, solo un intervento europeo. Già con il super QE della BCE il nostro debito pubblico sul mercato secondario è stato parzialmente messo in sicurezza da eventuali attacchi speculativi.
Apocalisse finanziario con BTp declassati a rating “spazzatura”