Il timore della tassa patrimoniale ma non solo alla base della fuga di denaro in Svizzera – Italia-Svizzera, solo andata. Un fiume di denaro in piena sta uscendo dai confini italiani per finire nelle banche del vicino paradiso fiscale. I banchieri italiani sono preoccupatissimi perché le casse degli istituti, già in profonda crisi di liquidità rischiano di restare quasi a secco. E la crisi europea c’entra fino a un certo punto. Il resto lo fanno i politici gettando benzina sul fuoco in un momento non certo propizio per raffreddare gli animi della gente preoccupata per i propri risparmi.
Anche capitali in nero e lingotti d’oro attraversano il confine ogni giorno
Ma il fenomeno si sta intensificando anche ai valichi di frontiera dove la Guardia di Finanza ha già sequestrato dall’inizio dell’anno più di 5 milioni di euro di valuta non dichiarata in entrata verso la Svizzera (fonte: Agenzia delle Dogane). Si tratta per lo più di contanti e di denaro sporco nelle mani più che altro di extracomunitari – fa notare un funzionario dell’Agenzia delle Dogane di Chiasso – che non ha nulla a che vedere con il fenomeno della fuga di capitali verso la Svizzera tramite i normali canali bancari, giacché la legge non consente l’esportazione di valuta per più di 10 mila euro, cifra che dovrebbe comunque essere giustificata in dogana in rispetto delle leggi antiriciclaggio. Tuttavia queste cifre sono indicative di quanto l’esportazione di capitali abbia assunto ultimamente connotazioni preoccupanti, dato che solo l’anno scorso la cifra sequestrata ai valichi di frontiera non aveva superato i 2,5 milioni di euro. Un recente servizio televisivo de La7, volto a evidenziare fino a che punto la paura ha preso il sopravvento sui risparmiatori, ha messo in luce anche un ingente traffico di lingotti d’oro che attraversa più o meno regolarmente il confine per andare a finire nelle cassette di sicurezza delle banche di Lugano. In pratica i risparmiatori trasformano i capitali in piccoli lingotti di oro massiccio accollandosi grosse spese, commissioni e rischi di svalutazione della quotazione, e li trasportano nei forzieri delle banche svizzere, pur di mettersi al riparo dalla crisi e dal fisco (non si sa ancora bene cosa sia peggio).
Aprire un conto in Svizzera è più semplice che in Italia
La stampa non ne parla e i media trascurano il fenomeno, ma se il franco svizzero si è rafforzato in misura tale contro euro al punto che la Banca Centrale di Berna ha dovuto intervenire per ben due volte nel giro di tre mesi sul cambio per frenare la corsa della valuta elvetica, il merito è anche e soprattutto dell’Italia.
In arrivo un accordo per tassare i fondi neri in Svizzera
Il fenomeno sembra ormai sfuggito di mano alle banche e al governo che è più che mai intenzionato a raggiungere al più presto un accordo bilaterale con la confederazione elvetica per la tassazione dei capitali detenuti in Svizzera da soggetti fiscalmente residenti in Italia e non dichiarati al fisco. La firma di un accordo simile, sulla falsariga di quanto già fatto da Germania e Gran Bretagna, potrebbe essere vicino soprattutto dopo l’uscita di scena del ministro dell’economia Tremonti, da sempre inviso agli svizzeri. Gli esperti stimano che l’applicazione di un’imposta liberatoria del 20-25% dei capitali non dichiarati al fisco italiano possa contribuire all’erario con un gettito immediato di 2-3 miliardi di euro ai quali si dovranno poi aggiungere le tasse per gli interessi percepiti e non dichiarati in Italia per gli anni di riferimento. Insomma un accordo che andrebbe a colpire in realtà gli evasori, ma non coloro che hanno deciso di aprire regolarmente un conto in Svizzera dichiarandolo apertamente al fisco italiano. Del resto, anche la direzione imboccata dalla Svizzera in questo senso, dopo i recenti scontri diplomatici avvenuto con gli Stati Uniti relativamente alla creazione di fondi di cittadini americani neri presso il Credit Suisse è abbastanza chiara: limitare l’apertura di depositi non dichiarati al fisco del paese di residenza del depositante.