Non sono bastate due ristrutturazioni del debito per tenere in piedi Sopaf, dissestata per oltre 100 milioni di euro. La seconda operazione sui bond convertibili, peraltro non andata a buon fine a causa del crac di Banca Network, risale solo allo scorso mese di giugno (Sopaf ristruttura (ancora) le obbligazioni convertibili) quando erano emerse in maniera ineludibile le grosse difficoltà in cui versava la holding guidata da Giorgio Magnoni, tant’è che ad agosto è saltato il pagamento delle cedole. A seguito di ciò (ma non solo) il rapporto con gli istituti finanziatori è naufragato e Unicredit, capofila di un pool di banche, fra cui Banca Popolare di Milano, MPS e Banca Popolare di Sondrio, ha perso le staffe presentando istanza di fallimento presso il tribunale di Milano per 19 milioni di euro (Fallimento Sopaf, notificata l’istanza promossa da Unicredit).
La procura indaga sulle attività dei Magnoni dopo il crac di Banca Network
L’impressione, quindi, è che si sia giunti all’epilogo di una tormantata vicenda che vede ultimamente protagonista anche la Procura di Milano intenta a fare luce anche su alcune ipotesi di reato riconducibili alla distrazione di fondi e alla bancarotta preferenziale (non ci sono per il momento indagati).
Per gli obbligazionisti la soluzione meno dolorosa sarebbe il concordato
Ma quale destino sarà riservato ai risparmiatori? Posto che gli azionisti rischiano di perdere tutto (l’azione vale meno di un centesimo), per gli obbligazionisti le cose stanno un pochino meglio, ma non tanto. I titoli “Sopaf 2007-2015 convertibile 3,875%” (Isin: IT0004227150) e “Sopaf 2011-2015 convertibile 9%” (Isin: IT0004762362) sono ormai in default dal 9 settembre e contestualmente – come reso noto dalla stessa Sopaf – sono pervenute all’emittente diverse richieste di rimborso anticipato, come previsto dal regolamento, che però, per ovvie ragioni, non potranno essere soddisfatte a pieno titolo. Tutto dipenderà da quanto deciderà il Tribunale fallimentare di Milano: se la messa in liquidazione della holding, come chiesto da Unicredit o il concordato preventivo in continuità secondo la nuova legge fallimentare, come vorrebbero i Magnoni. In ogni caso i detentori dei bond non recupereranno il 100% del valore nominale e perderanno gli interessi maturati, contrariamente a quanto dichiarato recentemente da giorgio Magnoni prevedendo addirittura la restituzione integrale dei prestiti obbligazionari.
Sopaf travolta da 102 milioni di debiti va verso la liquidazione delle partecipazioni
Lo scenario peggiore sarebbe il fallimento di Sopaf che lascerebbe nell’incertezza i bondholders il cui recupero delle somme inizialmente investite dipenderà solo dalla liquidazione degli assets e per i quali, come sovente accade, i valori di libro risultano spesso inferiori da quelli realizzati in fase di vendita, pertanto non è possibile fare una stima a priori. E’ il caso delle partecipazioni nelle società immobiliari (Demofonte, Valore e Soreo I) che verrebbero valorizzate secondo l’attuale tendenza del mercato, ma anche di quelle nel fondo Sun System attivo nel campo fotovoltaico, settore che in questo momento non va bene. La soluzione migliore sarebbe, invece, quella del concordato che assicuri la continuità aziendale, anche con liquidazione di alcuni assets. In questo caso il recovery potrebbe risultare migliore, ma non certo totale stante il valore patrimoniale netto, non certificato, a circa 16 milioni di euro e il debito di 102.5 milioni. Nella migliore delle ipotesi si potrebbe arrivare a un recovery del 20-30% tramite un’offerta di scambio con nuovi titoli e/o azioni. Nell’incertezza, il mercato adesso prezza le convertibili fra l’10% e il 15% fra scambi esigui (vedi grafico sopra).