Il sogno esotico dei Caraibi, per molti, potrebbe realizzarsi anche investendo in obbligazioni ad alto rendimento. Come quelle recentemente emesse dalla Repubblica Dominicana per 2,5 miliardi di dollari. I rendimenti sono attraenti: per una lunghezza temporale di 10 anni, si può ottenere il 5,5% , più di 360 bp sopra i rendimenti dei Treasuries Usa, mentre su una distanza trentennale il tasso sale addirittura al 7% per un paese che notoriamente non è altamente speculativo. Obbligazioni Repubblica Dominicana 2025 e 2045 I rischi tuttavia sono molti, non fosse altro per via del fatto che Santo Domingo ha fatto ricorso al debito statale per ripagare anticipatamente al Venezuela i contratti di fornitura petrolio nell’ambito dell’alleanza Petrocaribe di cui fanno parte numerosi paesi dell’area caraibica.
La fattura (scontata) che Caracas ha chiesto alla Repubblica Dominicana è stata di quasi 2 miliardi di dollari, mentre lo Stato ha emesso bond per 2,5 miliardi anche in previsione del rimborso di un prestito high yield 10% nel 2016. L’emissione è stata articolata in due tranches: una da 1 miliardo di dollari con scadenza 2025 a tasso fisso 5,5% (
USP3579EBD87) e l’altra da 1,5 miliardi con scadenza 2045 e cedola fissa 6,85% (
USP3579EBE60). Entrambe sono state collocate da un pool di banche internazionali guidate da Bank of America Merrill Lynch and JP Morgan, che le hanno prezzate sotto la pari presso investitori istituzionali. Le obbligazioni, quotate presso la Borsa del Lussemburgo, sono negoziabili per tagli minimi di 100.000 dollari con multipli aggiuntivi di 1.000 e staccano la cedola 2 volte all’anno: il 27 gennaio e 27 luglio. Il rating assegnato dalle agenzie è B1 per Moody’s e B+ per S&P e Fitch.
Pil Repubblica Dominicana col vento in poppa La
Repubblica Dominicana è la prima economia dei Caraibi secondo l’ultimo aggiornamento stilato dal Fondo Monetario Internazionale. Il Paese cresce sempre più ed è lanciatissimo verso un maggiore sviluppo.
Il piccolo paese caraibico ha registrato una crescita media del 4,5% negli ultimi tre anni in accordo con il Programma Monetario del Banco Central e con le previsioni del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Tale crescita appare soddisfacente in un contesto internazionale avverso come quello attuale. La maggior parte delle attività economiche hanno registrato una variazione positiva; in particolar modo il settore delle Zone Franche con una crescita del 13,8%, il settore minerario del 73,9%, il settore manifatturiero del 5,7%, il settore agricolo del 6,9%, il settore della ristorazione del 3,7%, il settore sanitario del 5,3%, il settore commerciale del 3,7% e si sono invece registrate contrazioni nel settore energetico e gas (- 6,9%) e in quello delle telecomunicazioni (-1,7%). Il Pil ha superato l’anno scorso i 60 miliardi di dollari grazie anche alla stabilizzazione del peso dominicano nei confronti dell’euro e del dollaro che ha favorito il turismo e lo sviluppo di infrastrutture interne. L’economia della Repubblica Domincana resta, comunque, fragile a causa della pesante dipendenza dagli Stati Uniti: questo legame ha ostacolato, da un lato, la reale ristrutturazione del settore agrario (in cui permane il primato della monocultura della canna da zucchero, una delle principali produzioni finalizzate all’esportazione sui mercati statunitensi, a detrimento di altri prodotti destinati al consumo interno della popolazione) e, dall’altro, continua a sbilanciare gli equilibri del settore a causa della massiccia presenza sul territorio delle aziende multinazionali, che rappresentano di fatto le vere leve economiche del Paese.