Il petrolio ci ha fatto prendere un bello spavento alla metà di settembre, quando l’Arabia Saudita annunciava il dimezzamento della propria produzione a causa degli attacchi agli impianti estrattivi subiti per mano dell’Iran via droni. Le quotazioni esplosero del 20% alla riapertura dei mercati, giungendo fino a 72 dollari per un barile di Brent. Venerdì scorso, giacevano sotto i 59 dollari, ai minimi da metà agosto. Nel panorama internazionale i colossi petroliferi e del gas in Russia si mostrano interessanti anche sul piano delle obbligazioni emesse, non solo in rubli.
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La prima è un gigante del petrolio, controllato dallo stato. Per il 2022 ha emesso due obbligazioni. Una in dollari e in scadenza nel giugno 2022, cedola 4,199% (ISIN: XS0861981180). Nell’ultima seduta, prezza in area 102,50, offrendo così un rendimento di poco inferiore al 3,20%. L’altra obbligazione, scadenza ottobre 2022 e cedola 7,90% (ISIN: RU000A0JT965), di prezzo fa circa 102,60 e rende il 6,85%, nettamente di più della prima. Come mai? E’ denominata in rubli, per cui sconta un rischio di cambio nettamente maggiore. Nell’ultimo quinquennio, da quando la Banca di Russia ha reso possibile la fluttuazione del rublo sui mercati valutari, la valuta russa ha perso contro l’euro il 28%, vale a dire la media annua del 5%.
In realtà, i prezzi di entrambi i bond sembrano avere risentito più che altro dell’andamento del petrolio sui mercati, con un crollo verticale avvenuto tra il 2014 e gli inizi del 2015. Paradossalmente, ci aspetteremmo che a ripiegare fossero state perlopiù le obbligazioni in rubli, mentre è accaduto il contrario, cioè che siano crollate di più quelle in dollari. Come mai? Semplice: nel frattempo USA ed Europa hanno comminato sanzioni finanziarie contro Mosca per l’occupazione della Crimea, rendendo più difficile per stato e società in Russia rifinanziarsi sui mercati internazionali.
Quali petro-bond preferire?
Se Rosneft gode di rating “BBB-” per S&P e “Baa3” per Moody’s, Gazprom fa un po’ meglio con il giudizio “Baa2” assegnatole da Moody’s. Quanto basta per esitare un rendimento inferiore oggi sul bond in scadenza nel marzo 2022 e cedola 6,51% (ISIN: XS0290580595): 2,80%, quasi 40 centesimi in meno dell’omologo per durata e valuta di Rosneft. Invece, il bond in franchi svizzeri, scadenza luglio 2022 e cedola 2,25% (ISIN: CH0374882816) offre uno striminzito 0,53%, quotando a quasi 105. Evidente che a incidere sia proprio la valuta di emissione, il super franco, che contro l’euro ha guadagnato quest’anno il 3%.
Su quali bond puntare l’attenzione? Il rublo si mostra volatile e dipendente dall’andamento del petrolio, che a sua volta riflette le condizioni macro mondiali, in deterioramento negli ultimi trimestri. Poiché il franco svizzero viene considerato un porto sicuro contro crisi e tensioni internazionali, probabile che si rafforzi ulteriormente nei prossimi mesi, anche se non è detto che basti eventualmente a compensare nuovi cali per il greggio, sebbene vada detto che le quotazioni attuali appaiono già abbastanza basse. Quanto al dollaro, pur non subito, sarebbe destinato a perdere quota contro l’euro nel medio termine, a seguito della politica monetaria più accomodante della Federal Reserve e a fronte di una BCE rimasta praticamente senza più munizioni di peso da utilizzare per reagire ad eventuali crisi.
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In definitiva, ragionando a quotazioni petrolifere stabili, il dollaro USA dovrebbe indebolirsi, mentre il franco svizzero o si rafforzerà o si manterrà stabile verosimilmente da qui a breve.