Hanno debuttato questa settimana sull’EuroTlx due nuove obbligazioni sovrane emergenti, emesse dal Sudafrica e denominate in rand, la valuta locale. Si tratta di un bond triennale, scadenza 28 febbraio 2023 e cedola 7,75% (ISIN: ZAG000096165), che ieri quotava a 103,3, nettamente sopra la pari. Questo significa che il rendimento che il titolo esita, acquistandolo sul mercato secondario, risulta inferiore alla cedola. Per l’esattezza, ieri si attestava al 6,46%. E c’è anche il decennale, scadenza 31 gennaio 2030 e cedola 8% (ISIN: ZAG000106998), il quale quota, invece, ben sotto la pari, ieri a 94,66, offrendo così un rendimento lordo annuo del 9%.
Come possiamo capire, parliamo di due obbligazioni molto redditizie, specie di questi tempi. E come dovremmo sapere, ad alti rendimenti corrispondono alti rischi. Nel caso specifico, due sono i fattori di rischio principali. Il primo riguarda il tasso di cambio. Il rand sudafricano si sta mostrando quest’anno la peggiore o tra le peggiori valute emergenti, avendo ripiegato contro il dollaro del 7,7%. Contro l’euro, risulta indebolitosi del 4,2%, sopra la media decennale del 3,2%.
E non rassicura molto nemmeno il rating. Moody’s è l’unica tra le principali agenzie internazionali a continuare ad assegnare al Sudafrica una valutazione “investment grade”, nello specifico “Baa3”. Ma qualche settimana fa ha messo sotto osservazione il debito sovrano di Pretoria, dopo avere tagliato le prospettive di crescita dell’economia emergente, un passo che per molti implica un “downgrade” a marzo, il quale ufficialmente farebbe cadere il Sudafrica tra gli emittenti speculativi o “junk”. Per alcuni analisti, tra cui Morgan Stanley, il declassamento avverrebbe verso la fine dell’anno.
Rendimenti soddisfacenti?
Se il debito sudafricano venisse classificato tra quelli ad alto rischio, i rendimenti dei bond in rand e in dollari s’impennerebbero ulteriormente, quando già dalla fine di gennaio i decennali segnano circa +90 punti base. Tuttavia, non è nemmeno detto che la situazione peggiori più di tanto, dato che già oggi il mercato valuterebbe i titoli di stato del Sudafrica come “spazzatura”, tant’è che i loro rendimenti viaggiano su livelli nettamente superiori alla media tra gli emergenti, con spread con i Treasuries per quelli denominati in dollari anch’essi più elevati.
L’economia sudafricana è sostanzialmente stagnante, mentre per il 2020 si prevede un deficit in peggioramento al 6,8%, almeno stando ai dati del governo dell’autunno passato. Proprio oggi, però, il ministro delle Finanze, Tito Mboweni, svelerà il bilancio per il prossimo esercizio e la reazione del mercato rischia di essere contrariata nel caso di stime negative sui conti pubblici o di evidente sopravvalutazione dei tassi di crescita del pil.
Certo, se il rand continuasse a indebolirsi contro l’euro ai ritmi dell’ultimo decennio, tutto sommato i rendimenti offerti più che compenserebbero la perdita. Alla scadenza, ad esempio, il triennale avrebbe reso effettivamente quasi il 3,30% all’anno, il decennale intorno al 5,80%. Ammesso che il cambio non faccia brutti scherzi, il problema sarebbe per i casi di disinvestimento anticipato, in quanto non è detto che i prezzi reggano, dovendo eventualmente scontare un aumento dei rendimenti per il lievitato rischio sovrano. Possibile, cioè, accusare minusvalenze. Per il momento, i “credit default swaps” a 5 anni per proteggerci contro un evento creditizio avverso viaggiano in area 180 punti, il doppio dell’Italia, implicando una probabilità di crac per il 3% entro il prossimo quinquennio, nei fatti relativamente bassa.