Il vento è cambiato, si direbbe guardando al trend delle obbligazioni a 100 anni dell’Austria. Chi ci segue su Investire Oggi sa che le monitoriamo costantemente per cercare di misurare la temperatura sui mercati. Ebbene, la febbre ancora c’è, ma è scesa nettamente dai livelli pericolosi a cui era arrivata alla fine dello scorso anno.
L’Austria ha emesso obbligazioni a 100 anni su due scadenze. La prima risale al settembre 2017 e riguarda il titolo che verrà rimborsato nel settembre 2117 con cedola 2,10% (ISIN: AT0000A1XML2).
Ieri, le stesse obbligazioni a 100 anni offrivano rispettivamente lo 0,82% e lo 0,95%. In effetti, le quotazioni della prima sono crollate del 28% e quelle della seconda di ben quasi il 32% negli ultimi 4 mesi. Cos’è successo di preciso? Anzitutto, il trend dei rendimenti globali è al rialzo sin da quando l’avvio delle campagne vaccinali in Occidente ha surriscaldato le aspettative d’inflazione. Poiché si sconta una fine non lontana della pandemia, il mercato ritiene che la ripresa economica sia dietro l’angolo, anzi già in corso in parte del pianeta (Cina e USA).
Obbligazioni a 100 anni e ripresa economica
La ripresa del PIL, che verosimilmente sarà evidente nell’Eurozona nel secondo semestre di quest’anno, porterebbe con sé un’accelerazione della crescita dei prezzi al consumo. Essa c’è già, se si pensa che i tassi tendenziali fossero negativi fino a pochi mesi fa e che già superano l’1%. Le obbligazioni a 100 anni dell’Austria sono state particolarmente colpite da questo trend, per due ragioni particolarmente. La prima è che il rialzo dei rendimenti riguarda soprattutto il tratto lungo della curva, quello dalla più alta “duration” e più volatile. La seconda riguarda la natura di questi titoli, percepiti dal mercato come “porti sicuri”.
I porti sicuri o “safe assets” sono acquistati a mani basse nei periodi di crisi e tensioni internazionali, ma venduti quando si hanno schiarite economico-finanziarie e geopolitiche. Dunque, delle obbligazioni a 100 anni austriache se ne sente adesso minore bisogno di qualche mese fa, un segno senz’altro positivo delle aspettative del mercato.
Come avrete notato, il bond 2117 è crollato un po’ meno del bond 2120. Non è tanto un fatto di durata residua (96 anni e 5 mesi contro 99 anni e 2 mesi si equivalgono), bensì di “duration”. Il primo offre una cedola ben più alta. Alle quotazioni attuali, essa vale l’1,24% dell’investimento. L’altro bond offre una cedola effettiva, cioè rapportata ai prezzi, inferiore allo 0,90%. Il mercato starebbe facendo questo ragionamento elementare: se devo inserire in portafoglio obbligazioni a 100 anni, almeno prediligo quelle che mi offrono un flusso di reddito più alto. In più, la più bassa “duration” espone l’investimento a una minore volatilità.