Se l’Egitto non troverà presto una soluzione pacifica alla crisi politica, potrebbe non onorare più i suoi debiti. In altre parole, il Paese rischia la bancarotta entro pochi mesi. I morti che si contano a Piazza Tahir non lasciano adito a dubbi su questa drammatica eventualità e gli investitori internazionali stanno scappando a gambe levate dalle principali città, insieme ai turisti che rappresentano la principale fonte d’entrata per il Paese. Secondo uno studio della banca d’Affari Merrill Lynch, l’Egitto avrebbe pochi mesi di vita: “il Paese, in grave crisi di liquidità e travolto da nuove turbolenze dopo la deposizione di Mohamed Morsi, rischia di non avere i soldi per pagare i debiti ai fornitori interni ed esteri”.
Il caos politico manda a picco la sterlina egiziana e titoli di stato
Principale termometro indicatore di questa drammatica situazione che rischia di compromettere anche importanti interessi italiani in terra d’Africa è il pound egiziano che da inizio anno ha perso il 13% nei confronti del dollaro (vedi grafico) e in 12 mesi il doppio nei confronti dell’euro. A premere sulla valuta locale è il debito statale che ha raggiunto il massimo storico superando i 240 miliardi di dollari con 34,7 miliardi di dollari di debito estero. Una stampella di aiuti da 14,5 miliardi stanziata dal FMI sarebbe dovuta arrivare se il presidente destituito avesse effettuato le riforme promesse. Ora, invece, è tutto congelato. A farne le spese in questo contesto sono i titoli di stato in dollari, quelli in mano ai fondi internazionali, che non hanno potuto fare a meno di risentire dell’effetto del caos politico in corso.
Crisi Egitto: riserve valutarie crollate di quasi 2/3 in due anni e mezzo
E proprio il crollo delle riserve valutarie rischia ora di mandare all’aria l’Egitto. Dall’inizio del 2013, con il crollo del turismo, degli investimenti e della stessa capacità produttiva del paese, l’Egitto ha iniziato a vedere dissanguate le sue riserve di valuta estera. All’inizio di giugno le riserve erano crollate a 13 miliardi di dollari dai 35 dell’inizio del 2011, prima della rivoluzione. Come mai? Al Paese la valuta serve per comprare essenzialmente gas e petrolio per produrre elettricità e offrire carburanti a prezzo sovvenzionato ai suoi cittadini.
Fallimento Egitto: pronti gli aiuti per evitare il peggio, ma in cambio di cosa?
Ciò nonostante, sono in molti a ritenere che il caos che si è creato in Egitto dopo la destituzione dell’ex presidente Morsi costituisca un delicato momento di transizione per rimescolare le carte del potere in mano alla classe militare, pronta a contrattare con le potenze straniere nuovi accordi per lo sfruttamento del sottosuolo e non solo in cambio del riconoscimento del potere politico. In questo senso – secondo indiscrezioni riportate dall’agenzia Interfax – il Fmi sarebbe pronto a erogare una prima tranche di aiuti da 4,8 miliardi qualora il futuro governo rivedesse subito la politica dei sussidi e delle sovvenzioni ai cittadini consentendo al contempo alle imprese straniere di stipulare nuovi contratti più convenienti per lo sfruttamento delle risorse egiziane. Anche il Qatar e la Libia, dal canto loro, si sono già offerti di aiutare l’Egitto con 3 miliardi di dollari per tamponare il crollo della valuta, oltre che con alcuni milioni di barili di petrolio e di gas.