Alla luce del recente rialzo dei prezzi dell’oro e dell’azionario del settore aurifero, riteniamo sia importante sottolineare che gli investitori sono troppo poco investiti su questa asset class. Il ciclo positivo in questa classe d’investimento potrebbe potenzialmente durare diversi anni – dice James Luke, co-gestore del fondo Schroder ISF Global Gold -.

 

Nonostante il solido track record come bene rifugio in tempi di incertezza, e nonostante il contesto globale al momento sia probabilmente più incerto rispetto a qualsiasi altro periodo dalla fine della seconda guerra mondiale, le attuali posizioni sugli ETF sull’oro, in percentuale agli asset detenuti a livello globale in ETF, sono scarse.

 

Gli ETF sull’oro

 

Nel 2012 le posizioni sull’oro erano relativamente significative: gli ETF sull’oro rappresentavano più del 10% di tutti gli ETF (inclusi azionari, obbligazionari, ecc.). Da allora, gli ETF si sono allargati a diverse asset class mentre – osserva Luke –  abbiamo visto mercati toro per l’obbligazionario e l’azionario. Allo stesso tempo, e in parte come conseguenza di ciò, le posizioni sugli ETF sull’oro sono calate, da più di 85 milioni di once del 2012 a circa 68 milioni di once ad agosto 2017. Questi strumenti ora sono più vicini al 2% rispetto al totale degli asset in ETF. In un mondo di grandissima liquidità e di valutazioni altissime per gli asset finanziari, si tratta di una notizia positiva per l’oro.

 

Investire in ETF sull’oro conviene?

 

Non stiamo sostenendo che le posizioni sugli ETF sull’oro non stiano crescendo – precisa Luke – : abbiamo già visto un aumento del 32% nel 2016 e di un ulteriore 8% per il 2017 finora. Ciò che sottolineiamo è invece che dal 2008 a oggi le Banche centrali hanno immesso nei mercati circa 15.000 miliardi di dollari. Quindi, quando gli investitori torneranno ad allocare in maniera significativa sull’oro, le posizioni sugli ETF sul metallo giallo potranno crescere a tassi decisamente più elevati rispetto a quanto visto nel periodo 2004-2012.

 

Le azioni aurifere

 

Se osserviamo l’ azionario del comparto aurifero – aggiunge Luke – vediamo un andamento simile. L’attuale peso dell’azionario aurifero nord americano nello S&P500 statunitense e nel TSX canadese è sceso a un mero 0,6%, dopo il picco sopra il 2% raggiunto nel 2012. Per mettere in prospettiva questa bassa percentuale basti pensare che i produttori auriferi nord americani (quindi sia degli USA sia del Canada) hanno una capitalizzazione di mercato combinata inferiore ai 150 miliardi di dollari – certamente poco. Questa cifra evidenzia l’effetto “rarità” dei titoli azionari auriferi nel caso in cui il mercato toro per il metallo giallo dovesse veramente partire. Sostanzialmente, questa situazione riflette il numero contenuto di posizioni assunte dagli investitori sull’oro e sull’azionario legato all’oro, così come le valutazioni molto elevate di altri settori più convenzionali.

 

Il prezzo dell’oro è ancora troppo basso

 

Questo scarso peso dell’oro ci sorprende – conclude Luke – visti i crescenti rischi geopolitici, il rischio di inflazione in aumento e di conseguenza i tassi reali negativi; anche perché la maggioranza delle società in cui investiamo hanno fondamentali in miglioramento e stanno scambiando al livello più basso nel loro range di valutazioni storico. Per quanto riguarda l’oro, riteniamo che l’azionario aurifero sia ancora conveniente e ci teniamo a segnalare che le nostre posizioni su questa asset class scontano un prezzo del metallo giallo inferiore ai 1.200 dollari/oncia, in un momento in cui il prezzo reale è pari a 1.327 dollari/oncia (al 12 settembre).