La scorsa settimana, lo stato di Singapore ha emesso il suo primo green bond. Sul mercato ha raccolto 2,4 miliardi di dollari locali, qualcosa come 1,70 miliardi di euro. L’obbligazione offerta ha durata di 50 anni, infatti scade nel 2072. Ha esitato un rendimento del 3,04%, in calo dal 3,15% inizialmente previsto dall’emittente. A fronte di una cedola fissa del 3%, il prezzo di collocamento è stato di 98,876 centesimi. Il lotto minimo acquistabile è stato fissato in 1.000 dollari locali, neppure 715 euro. Pertanto, l’investimento è alla portata davvero di tutte le tasche.
Primo di una lunga serie di green bond
Dovremo farci l’abitudine con i green bond di Singapore, dato che l’emissione dei giorni scorsi rientra nel Green Plan da 35 miliardi entro il 2030. I proventi saranno destinati al finanziamento delle energie rinnovabili, all’efficientamento energetico, alla prevenzione dell’inquinamento e all’adattamento ai cambiamenti climatici.
Il green bond 2072 ha rating elevatissimo: tripla A per tutte le agenzie internazionali. Infatti, Singapore fa parte dell’esclusivo club degli emittenti sovrani con rating AAA. A fronte di un debito pubblico lordo superiore al 130% del PIL, l’indebitamento netto del paese è nullo. Bisogna considerare gli investimenti realizzati dallo stato tramite i fondi sovrani. Il rischio di credito, pertanto, risulta sostanzialmente zero.
Dollaro di Singapore, opportunità più che rischio
Esiste, invece, il rischio di cambio. Esso dipende dal fatto che il green bond sia stato emesso evidentemente nella valuta domestica. Se questa si deprezzasse contro l’euro, il valore delle cedole e del capitale nel tempo si ridurrebbe. Ma anche qui esiste una buona notizia. Negli ultimi cinque anni, il dollaro singaporiano si è apprezzato contro l’euro del 12%, del 33% negli ultimi quindici anni. Nessuno ci può garantire che questa sarà la tendenza anche per i prossimi anni. Anzi, può benissimo accadere il contrario con una politica monetaria della BCE più restrittiva.
Ad ogni modo, ci troviamo dinnanzi a un cambio molto forte anche contro le valute principali. Questo ci spinge a ipotizzare anche lo sfruttamento di possibili fasi rialziste del dollaro locale per maturare una plusvalenza. Inoltre, i rendimenti sovrani singaporiano sono risaliti ai massimi dal 2018. La scadenza a 30 anni offre quasi il triplo rispetto ai minimi toccati nel 2020. Se nei prossimi mesi l’inflazione rientrasse dal 6,7% di giugno, l’autorità monetaria avrebbe margini per allentare la sua politica monetaria, favorendo un recupero dei prezzi obbligazionari senza necessariamente impattare sui tassi di cambio.