Agli inizi dello scorso anno, il Tesoro emise il primo BTp green (ISIN: IT0005438004), in scia a un trend ormai consolidatosi nel mondo della finanza e tra gli stessi governi. Sei mesi prima era stata la volta della Germania, che con l’ingresso nel mercato “verde” ha segnato una svolta a favore di queste emissioni. A febbraio di quest’anno, il Tesoro ha riaperto il BTp green, anziché puntare su una nuova scadenza. Come sappiamo, i green bond sono titoli obbligazionari del tutto simili a quelli ordinari.
Crollo della quotazione e boom del rendimento
Rispetto all’avvio delle negoziazioni sul mercato secondario italiano nel marzo 2021, il BTp green ha perso il 28%. Infatti, venerdì scorso risultava sceso a una quotazione di 73,50 centesimi. Per ogni 1.000 euro di investimento nominale, bisognava sborsare 735 euro. Il bond offre cedola lorda 1,5% per la scadenza 1 aprile 2045. Al netto dell’imposta del 12,5% e rapportata alla quotazione, essa sale a 1,79%.
In termini di rendimento netto alla scadenza, il BTp green offriva durante la scorsa seduta il 3,16%. Si tratta di una remunerazione di tutto rispetto. In pratica, nel medio-lungo termine si mostrerebbe in grado di coprire l’inflazione italiana e di offrire all’obbligazionista un plus. Esso rappresenterebbe il rendimento reale netto, cioè il guadagno concreto del capitale investito. C’è da dire, però, che gran parte di questo rendimento deriva dalla plusvalenza, cioè dal maggiore prezzo rimborsato dallo stato alla scadenza rispetto al prezzo di acquisto. Dunque, dovremmo attendere quasi 23 anni prima di monetizzare effettivamente il rendimento sopra il 3%.
Nel frattempo, la cedola netta effettiva a 1,79% si rivelerebbe insufficiente a coprire la perdita del potere d’acquisto. Questa è la previsione nel caso in cui l’inflazione italiana si mantenesse mediamente al 2% negli anni, ossia in linea con il target BCE.
BTp green nel caso di rivendita
Resta una possibile alternativa: rivendere il BTp green prima della scadenza. In futuro, prima o poi la quotazione dovrà tornare a salire. A quel punto, realizzare una plusvalenza significherebbe ottenere un rendimento potenzialmente anche superiore al 3,16% attuale alla scadenza.
Immaginate di rivendere il BTp 2045 a 90 centesimi esattamente tra 10 anni. Riportereste una plusvalenza netta del 20%. E in questo decennio avreste incassato una cedola netta effettiva di 1,79%. Il rendimento complessivo si porterebbe in area 3,8%. Più corto il periodo di detenzione e più alta la quotazione a cui sarebbe rivenduto il bond, maggiore il rendimento ottenuto dall’investimento.