Il problema principale della Turchia è la carenza di dollari. Le banche turche hanno al momento circa 70 miliardi di dollari di prestiti da onorare entro l’anno. Mentre i tassi di interesse turchi erano su livelli a doppia cifra, anche nelle fasi più basse, le banche europee erano pronte a erogare prestiti alle banche di Ankara, soprattuto rispetto al contesto di quantitative easing.
Tali somme sono state quindi erogate a favore delle aziende locali, nello specifico società immobiliari e di costruzioni piuttosto che a quelle società più export-oriented.
Qualcuno potrebbe sicuramente obiettare che nessuno di questi elementi rappresenti una novità. Da qualche tempo non nutriamo fiducia nei confronti del Paese e la principale sorpresa per noi è che tutto ciò non sia successo prima. Al momento ci troviamo in un contesto molto paziente, con tassi d’interesse bassi e con le banche disposte ad aumentare la dose di rischio per rendimenti tra il 4,5% e il 5%. C’è stato anche un lieve rallentamento economico, che incide sui profitti, alcune preoccupazioni riguardo al mondo del credito a livello globale e un rafforzamento del biglietto verde. Inoltre, la situazione politica in Turchia è diventata sempre più instabile, spingendo le fasce più abbienti della popolazione a portare i propri capitali al di là dei confini nazionali, elemento la cui importanza è stata sottostimata. I timori della BCE rispetto all’esposizione alle banche europee nei confronti di Ankara ha ulteriormanete zavorrato la traiettoria discendente della lira.
Riteniamo che le preoccupazioni per un contagio siano sovrastimate. Nessun altro tra i mercati Emergenti presenta la stessa combinazione di eccesso di debito nel settore privato, disavanzo delle partite correnti e riserve di valuta estera insufficienti. L’Argentina ha due delle tre caratteristiche appena elencate, ma nessuno degli Emergenti si trova a fronteggiare gli stessi problemi di finanziamento della Turchia.