I depositi a vista in Svizzera sono saliti di 2,77 miliardi di franchi nella settimana conclusasi il 9 agosto, l’importo maggiore dalla metà del 2017. E dal 12 luglio scorso, il loro valore presso la Banca Nazionale Svizzera risulta cresciuto di 6,6 miliardi, trainato dai depositi delle banche straniere, lievitati di ben 17,7 miliardi, con una netta accelerazione (+12,4 miliardi) nelle passate due settimane. I depositi a vista sono considerati una misura approssimativa dell’intervento dall’istituto sul mercato dei cambi. Quando crescono, segnalerebbero che il governatore Thomas Jordan venda asset in valute straniere per indebolire il franco svizzero, anzi per evitarne l’eccessivo rafforzamento.
Perché il franco svizzero si rafforza con i rendimenti dei bond sempre più negativi?
E a testimoniare che il franco rischi di tornare ad apprezzarsi ai massimi dalla fine del cambio minimo di metà gennaio 2015 vi sono i rendimenti svizzeri ai minimi storici. Le obbligazioni di stato a 2 anni offrono oggi il -1,07%, quelle a 10 anni il -0,94% e sui 50 anni il -0,26%, in calo rispettivamente di 20, 45 e 5 punti base dalla metà di luglio, quando sarebbero partiti gli interventi della BNS per contenere la forza del franco, che nel frattempo contro l’euro ha messo a segno un +2,4%, risalendo ai massimi da oltre due anni.
In pratica, i capitali affluiscono in Svizzera dall’estero per mettersi al riparo dalle tensioni internazionali, vengono investiti in titoli di stato, percepiti come una botte di ferro, e la BNS si trova costretta a vendere assets in valute straniere per evitare che il cambio s’impenni. Ciò non starebbe arrestando gli investimenti in bond elvetici, dai rendimenti oramai negativi lungo l’intera curva delle scadenze. Acquistare un’obbligazione a 50 anni comporta il sostenimento di una perdita cumulata alla scadenza pari a circa il 12% del capitale. Evidentemente, da qui a breve gli investitori speculerebbero anche sull’apprezzamento del franco svizzero, che per un investitore americano o della stessa Eurozona si tradurrebbe in un guadagno all’atto del disinvestimento, potenzialmente in grado di azzerare i rendimenti negativi e finanche di trasformarli in rendimento netto positivo.