L’ultima emissione sui mercati internazionale risale al 2022, ma per stessa ammissione del ministro delle Finanze, Marcelo Montenegro, non ci furono le condizioni per replicare l’operazione durante lo scorso anno. E, tuttavia, la Bolivia sta studiando il collocamento di un green bond presso gli investitori stranieri. Il governo di La Paz è già in contatto con Wall Street per sondarne il sentiment. La “size” sarebbe compresa tra 500 milioni e 1 miliardo di dollari. Con i proventi incassati, lo stato andino vorrebbe potenziare le estrazioni di litio.
E di litio la Bolivia abbonda. Risulta esserne la più dotata nel mondo con riserve stimate in 23 milioni di tonnellate. Riesce ad estrarne qualcosa come 14.000 tonnellate ogni anno. Il vicino Cile, ad esempio, a fronte di 9,3 milioni di tonnellate di riserve, ne ha estratte 44.000 lo scorso anno, piazzandosi al secondo posto nel mondo dopo l’Australia.
Green bond tra rischio default e riserve a secco
Un green bond in dollari della Bolivia in portafoglio sarebbe un’occasione per diversificare gli investimenti. I mercati emergenti dovrebbero approfittare nei prossimi mesi e anni dell’allentamento monetario globale. Il taglio dei tassi di interesse che si prospetta nel Nord America e in Europa favorisce teoricamente gli asset più rischiosi. Tuttavia, i bond della Bolivia sono “spazzatura” per tutte le agenzie di rating internazionali: CCC+ per S&P, CCC per Fitch e Caa1 per Moody’s.
Già nei mesi scorsi il paese rischiò il default e, sebbene tale evento non sia considerato imminente, le condizioni finanziarie restano difficilissime. Il debito pubblico è salito all’81% del Pil dal 35% del 2012. Il deficit fiscale si è attestato nel 2023 a poco meno del 7%. E c’è il peso del debito estero, pari a circa un terzo del Pil.
Bond Bolivia in ripresa sul mercato
Ci sono anche buone notizie. Il 70% del debito estero risulta contratto con agenzie internazionali, un altro 10% sotto forma di prestiti bilaterali. Trattasi di passività più flessibili da rinegoziare rispetto ai bond. E proprio i bond della Bolivia in dollari hanno registrato ultimamente grossi rialzi di prezzo. La scadenza del 20 marzo 2028 con cedola 4,5% (ISIN: USP37878AC26) guadagna oltre un terzo nell’ultimo anno, salendo sopra 58,50 centesimi. Offre attualmente un rendimento del 21% all’anno.
E la scadenza del 2 marzo 2030 con cedola 7,50% (ISIN: USP37878AE81) è salita sopra i 60 centesimi e dai minimi di gennaio segna un rialzo del 14%. Rende sopra il 19%. Numeri da stress finanziario, anzi da default semi-scontato. Pertanto, resta da capire a quali condizioni la Bolivia ritiene di poter vendere il suo green bond all’estero. Un rendimento in doppia cifra, se da un lato può stuzzicare l’appetito degli investitori, dall’altro rischia di trasformarsi in un boomerang sul piano della credibilità internazionale. Di recente, il Kenya si è visto costretto a rifinanziarsi con rendimenti sopra il 10%. E non a caso lo ha fatto per evitare il default a giugno.
Possibile svalutazione del cambio
Ci sono altre due cattive notizie che pesano sulle valutazioni del possibile green bond. La prima è che il partito socialista del presidente Luis Arce è diviso tra suoi sostenitori e fedelissimi del predecessore Evo Morales. Senza autorizzazione del Congresso, ad esempio, lo sfruttamento delle miniere di litio per le partnership internazionali diventa impossibile.
Green bond operazione disperata?
In conclusione, il piano in dieci punti da poco presentato dal governo per diversificare e rilanciare l’economia ha contribuito al rilancio dei bond della Bolivia. La sua implementazione resta tutta da verificare. La Paz ha tendenze marxiste e figura in fondo alla classifica Doing Business della Banca Mondiale per clima favorevole alle imprese. Il lancio del green bond sarebbe un’operazione di disperato maquillage per attirare capitali con cui ripagare i debiti in scadenza nei prossimi anni. Un rischio di “greenwashing“ a cui fare attenzione.