Agli inizi dello scorso anno, quando le condizioni monetarie sui mercati obbligazionari erano molto più favorevoli di quelle attuali, la Banca Mondiale emise un green bond denominato in real brasiliani e in scadenza in data 22 gennaio 2026 (ISIN: XS2288097640). L’emissione avvenne per l’importo di 850 milioni, al cambio di allora corrispondenti a circa 128 milioni di euro. Il titolo offre una cedola sostanziosa del 5% lordo annuo. Non è poco per un emittente che gode della massima valutazione da parte delle agenzie di rating.
Fatto sta che questo green bond ieri risultava crollato ad una quotazione di 83 centesimi. Il rendimento alla scadenza si è così impennato in prossimità dell’11%, più del doppio di quanto faccia intendere la cedola. Una buona notizia per chi avesse intenzione di acquistare il titolo oggi, trattandosi di un investimento della durata di appena poco più di tre anni.
Green bond da emissione a oggi
Ma la buona notizia c’è stata certamente per chi avesse acquistato il green bond all’atto della sua emissione a un prezzo di 96,406 centesimi. Da allora, infatti, il real brasiliano contro l’euro ha messo a segno un forte rialzo. Il cambio è passato da 6,65 a 5,62. E questa grossa variazione ha avuto un effetto assai benefico sul bilancio dell’ipotetico investimento. Vediamo i numeri, ipotizzando di avere acquistato nel gennaio 2021 un lotto minimo di 10.000 reais.
Ai prezzi di emissione, avremmo speso 9.640,69 real. Al tasso di cambio di allora, l’esborso sarebbe stato per noi pari a 1.450 euro. Se ieri avessimo disinvestito, avremmo venduto il green bond per 8.300 real. Al cambio vigente, sarebbero stati 1.477 euro. Già questo dato ci segnala che saremmo rientrati nell’investimento. Infatti, l’incasso risulta essere stato superiore al costo. E ci sono da aggiungere le cedole incassate.
In totale, il nostro incasso sarebbe stato di 1.637 euro, a fronte dei 1.450 spesi. Il rendimento effettivo sarebbe risultato di quasi il 12,9%. Niente male in neppure due anni. Un ipotetico investitore italiano avrebbe così posto un argine all’inflazione, che nel periodo considerato è stata pari al 14%. Una copertura certamente non completa, ma dato l’andamento dell’obbligazionario in questi mesi, non potremmo neppure lamentarci.
Trend incerto d’ora in avanti
Ad avere trainato il cambio brasiliano vi è stato il boom delle materie prime, di cui il paese sudamericano è spesso esportatore. I rischi per il futuro appaiono evidenti. Il ritorno al potere di Lula pone l’interrogativo sul tipo di politica economica che il presidente eletto voglia attuare. E le materie prime nei prossimi mesi potrebbero ripiegare, colpendo le valute dei paesi esportatori come il Brasile. D’altra parte, i prezzi obbligazionari potrebbero risalire con il completamento della stretta monetaria globale. Ciò sosterrebbe la quotazione del green bond.