Gli investimenti sul mercato obbligazionario sono tornati di moda tra le famiglie dopo anni di lontananza a causa dei bassissimi rendimenti, spesso nominalmente negativi, imperanti fino al 2022. Con l’aumento globale dei tassi di interesse la musica è cambiata. I bond si sono deprezzati e i rendimenti risaliti a livelli più che accettabili. E quelli che erano stati emessi con cedole molto basse, sono letteralmente collassati sul mercato, diventando appetibili. Caso particolare i bond zero coupon, che con l’atteso taglio dei tassi sono diventati a dir poco allettanti, sebbene i meccanismi di tassazione sono ignoti ai più.

Tassazione zero coupon, esempio con obbligazioni Comit

Gli zero coupon sono titoli emessi senza cedola. Il loro rendimento è dato dalla differenza tra il valore di rimborso alla scadenza e il prezzo di acquisto. Vi proponiamo l’esempio delle obbligazioni Comit, oggi Banca Intesa Sanpaolo, con scadenza 8 gennaio 2027 (ISIN: IT0000966017) ed emesse nel gennaio del 1997. Il loro debutto avvenne in qualità di titolo trentennale. Il prezzo di emissione fu di appena 10,85, cioè a poco più di un decimo del loro valore nominale. Pochissimo, ma per il semplice fatto che bisognava scontare l’assenza di cedole per ben trenta anni.

A quel prezzo, il rendimento iniziale dello zero coupon fu del 7,68%. Oggi, lo stesso quota sul mercato secondario a circa 89,50 centesimi. Il rendimento medio annuo da qui alla scadenza tra meno di tre anni è crollato al 3,87%. Cerchiamo di capire quale sarebbe adesso la tassazione di questo zero coupon, nel caso in cui decidessimo di rivenderlo oggi.

Valore teorico con rendimento costante

Come detto, il rendimento è dato dalla differenza tra prezzo di rivendita e quello di acquisto. Se avessimo comprato le obbligazioni Comit all’atto della loro emissione, ad oggi avremmo accumulato una plusvalenza lorda del 725,5%, pari a un rendimento medio annuo dell’8,10%. La differenza di prezzo sarebbe di 78,72.

Su di essa dovremmo pagare l’aliquota del 26%. Tuttavia, lo stato complica un po’ i calcoli. Esso tiene conto di quale sarebbe stato il valore teorico di mercato nel caso in cui il rendimento fosse rimasto costante.

Tassazione zero coupon

Nell’esempio appena proposto, se le obbligazioni Comit rendessero oggi ancora il 7,68% dell’emissione, prezzerebbero a circa 80,65. Infatti, dovremmo elevare tale percentuale per i restanti 2,9 anni. E dovremmo suddividere il valore nominale di 100 per il risultato ottenuto. A questo punto, per lo stato la differenza tra il prezzo di mercato e quello teorico, nel nostro caso pari a 8,92, va sottoposta a tassazione del 26%. L’aspetto peculiare risiede nel fatto che, essendo trattata come “redditi da capitale”, l’imposta non può essere portata a compensazione con eventuali minusvalenze pregresse.

A questo punto, arriva un secondo calcolo: all’intera plusvalenza realizzata va sottratta la differenza teorica di cui sopra. In numeri, avremmo: (89,50 – 10,85) – 8,92 = 69,8. A questa si applica sempre l’aliquota del 26%, ma che può essere portata a compensazione con eventuali minusvalenze pregresse. L’imponibile rientra, infatti, tra i redditi diversi.

Zero coupon poco idonei in caso di minusvalenze pregresse

Quanto vi abbiamo succintamente spiegato è importante per i casi di coloro che abbiano riportato perdite e volessero compensarle con i guadagni maturati su altri bond. E gli zero coupon, massimizzando i movimenti rialzisti o ribassisti di mercato, sembrano prestarsi bene al gioco. Peccato che la legislazione fiscale sia farraginosa sul punto. E ciò vale particolarmente in una fase come quella attuale, caratterizzata da rendimenti in calo per l’atteso taglio dei tassi di interesse. I prezzi dei bond tendono a risalire e, specie nel caso di zero coupon emessi a rendimenti elevati, ciò finisce per disallineare il prezzo di mercato da quello teorico tenuto in considerazione per il calcolo dell’imponibile non compensabile.

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