Capisci che la moneta “unica” sia ancora un miraggio, quando scopri che i debiti emessi dagli stati e in essa denominati offrano livelli di rendimento eclatantemente differenti tra di loro. Ieri, il bond austriaco con scadenza nel settembre 2117 e cedola 2,10% (ISIN: AT0000A1XML2) rendeva poco più dello 0,60%, meno del BTp a 2 anni. In effetti, oggi il titolo di Vienna lo si acquista quasi al doppio del suo valore nominale. Per l’esattezza, ieri quotava in area 191, che già può sembrare esosissimo, ma pensate che resta di circa il 20% sotto i massimi storici toccati nel marzo scorso, quando arrivò a prezzare a circa 236.
Se l’Austria s’indebita per 100 anni a tassi inferiori all’Italia per 12 mesi
Quest’anno, il titolo ha guadagnato il 13%. In mezzo agli sconquassi verificatisi sui mercati finanziari con l’arrivo della pandemia in Occidente, si è rivelato essere una roccia a cui aggrapparsi per sfuggire alle tensioni. Di fatto, chi oggi lo acquistasse si porterebbe a casa una cedola, che rapportata al valore del capitale investito equivarrebbe all’1,10%. Ci vorrebbe 90 anni per recuperare l’esborso nominale, senza tenere conto che nel frattempo l’inflazione avrà eroso gran parte del potere di acquisto. Ma di questi tempi, a dirla tutta, è tantissimo persino per un’obbligazione a lunghissima scadenza come questa. Certo, chi lo riscuoterà alla data fissata per il rimborso (figli, nipoti, etc.) riceverà poco più della metà del capitale investito dal padre, dal nonno o chicchessia.
E da qui ai rimanenti 97 anni abbondanti, tenete conto che ricevereste un flusso complessivo di redditi per un rendimento cumulato di appena il 7% rispetto all’investimento. In pratica, per portarvi a casa 1.000 euro di titoli austriaci dovreste spenderne 1.900, percependo annualmente cedole lorde per 21,00 euro. Fino alla scadenza, incassereste sui 2.035, cioè appena 135 in più del capitale sborsato. Alla scadenza, vi darebbero altri 1.000 euro, per cui l’intera operazione avrà fruttato un netto di nemmeno 1.135 euro, pari a meno del 60% dell’investimento monetario.
Le differenze con l’Italia
Sono numeri di una follia ormai solo apparente. Il fatto è che i mercati stanno scontando diversi aspetti, tra cui un’inflazione eternamente prossima allo zero. Ecco come si spiegherebbe che i rendimenti a lungo termine tendano ad azzerarsi o a diventare negativi. Probabile che si sbaglino, ma ragionando per quello che vediamo oggi in giro per il mondo, non si noterebbero rischi inflazionistici credibili e rilevanti. E da quando le banche centrali hanno iniziato a rastrellare assets sui mercati, le obbligazioni sono finite per comportarsi come le azioni e le azioni un po’ come le obbligazioni. Non si compra più debito pubblico per ricavarne un flusso certo e stabile di reddito, semmai per parcheggiare la liquidità in un asset sicuro e per rivenderlo a prezzi più alti quando i rischi percepiti si abbassano.
Il bond dell’Austria ha reso quasi il 20% in 5 settimane
Chi avesse acquistato il bond austriaco a 100 anni alla sua prima emissione di due anni e mezzo fa e lo avesse rivenduto nel marzo scorso, avrebbe maturato plusvalenze per il 135% dell’investimento, oltre ad avere incassato le cedole, che al confronto, tuttavia, avrebbero reso noccioline. E il governo austriaco, emettendo oggi una nuova tranche di questo bond incasserebbe quasi il doppio del valore nominale per cui s’indebita, anche se sarebbe costretto a pagare per 97 anni cedole elevatissime per i suoi standard. Ma emettendo un miliardo e incassando altri 900 milioni in più, Vienna riuscirebbe ad abbattere le emissioni successive, disponendo di maggiore liquidità, riducendo per altra via la spesa per interessi. Al limite, potrebbe anche riacquistare il suo stesso debito sul mercato secondario per ridurlo sin da subito.
Questa è la crescente differenza che passa sui mercati tra debitori percepiti affidabili e altri che lo sono meno.