La crisi finanziaria dell’Argentina sembra prossima a una soluzione. Almeno in via temporanea. Dopo il terremoto sui mercati scoppiato lo scorso 11 agosto con il risultato delle primarie che hanno suggellato il ritorno dei peronisti al potere alle prossime elezioni presidenziali del 27 ottobre, il governo Macrì corre ai ripari per cercare di stabilizzare una situazione che vede il Paese sull’orlo di un nuovo default. Eredità che non piacerebbe nemmeno al candidato presidente Alberto Fernandez che ha vinto le primarie con 15 punti di vantaggio.
Metà debito pubblico argentino in scadenza entro il 2023
Come noto i bond argentini a 10 anni sono precipitati di colpo a quota 43 riflettendo in concreto l’ipotesi di insolvenza dello Stato, come anche mostrano i valori dei CDS (credit default swap) a cinque anni sull’Argentina che tecnicamente dicono che il Paese ha quasi il 90% di probabilità di finire in default entro il 2024. Più precisamente, se nell’immediato i pagamenti ai creditori sono assicurati dalle riserve monetarie, dal prossimo anno i problemi potrebbero diventare impossibili dal prossimo anno, considerato che l’Argentina dovrà rimborsare 148 miliardi di dollari, circa la metà del proprio debito pubblico, fra il 2020 e 2023. Il debito pubblico dell’Argentina è per l’80% denominato in dollari, secondo quanto riportato da un’analisi di Capital Economics, che ritiene che le riserve valutarie di Buenos Aires al momento siano sufficienti a coprire solo il 60% delle necessità finanziarie del Paese, che assommano a 100 miliardi di usd.
La ristrutturazione del debito
Così, dopo aver incontrato i plenipotenziari del Fondo Monetario Internazionale (FMI) che a settembre dovrà erogare una tranche di aiuti economici di un pacchetto da 57 miliardi di dollari, il ministro dell’economia Herman Lacunza ha avanzato l’ipotesi di ristrutturare il debito estero e locale, mediante allungamento delle scadenze. L’operazione, che dovrà essere concordata coi creditori internazionali, cioè i bonholders, il FMI e il Congresso (per i bond emessi in Argentina), dovrebbe riguardare solo i debiti a breve e media scadenza, compresi quelli del Fondo, lasciando stare quelli a lunga scadenza, proprio per via del fatto che l’impasse finanziaria si verificherà nei prossimi 4 anni.
Il meccanismo della ristrutturazione su base volontaria
Ma come potrebbe avvenire l’allungamento delle scadenze? L’ipotesi sarebbe quella di una ristrutturazione soft e veloce su base volontaria che riconosca ai portatori di obbligazioni emesse dallo Stato e dalle province un premio sotto forma di maggiori interessi in cambio di un allungamento delle scadenze dei bond prossimi al rimborso. Il meccanismo sarà basato sulla “exchange offer” e rivolto prevalentemente agli investitori istituzionali, come avvenuto nel recente passato per le obbligazioni emesse da Petroleos de Venezuela (PDVSA) grazie al quale l’emittente riuscì, almeno in un primo momento, ad evitare il default.
Le riserve della Banca Centrale
Nel frattempo – osservano gli analisti – la Banca Centrale potrà utilizzare le riserve (circa 52 miliardi di dollari) per calmierare il mercato valutario, come ha già fatto in questi giorni acquistando pesos contro dollari, dopo il crollo che ha visto precipitare la valuta locale del 22% in soli tre giorni. Solo in questi giorni sono stati spesi più di 1,5 miliardi di Usd per acquistare valuta locale sul mercato onde evitare che l’inflazione esploda in maniera dirompente facendo precipitare la situazione già molto precaria. L’inflazione dell’Argentina è già tra le più elevate al mondo, con gli economisti che attendono un aumento dei prezzi su base annua tra il 50% e il 70%.
Il ruolo del Fondo Monetario
Nel frattempo il FMI sta analizzando le misure annunciate dal ministro Lacunza e valutando il loro potenziale impatto sulle finanze del Paese, ha detto Gerry Rice, portavoce del Fondo, sottolineando come i funzionari “capiscono che le autorità di Buenos Aires hanno preso queste decisioni per rispondere ad esigenze di liquidità e salvaguardare le riserve di valuta estera”.