Buone notizie per gli ex obbligazionisti rimasti coinvolti nel crack di Lehman Brothers. A distanza di quattro anni dal più grande fallimento (613 miliardi di dollari), è in arrivo un’altra distribuzione di rimborsi, così come era stato programmato dal consiglio di gestione della nota banca d’affari americana finita in bancarotta.
Rimborso obbligazioni Lehman: dove eravamo rimasti
La prima tranche di rimborsi ai creditori, che in Italia sono circa 50.000, era stata fatta la scorsa primavera per 22,5 miliardi di dollari a fronte di circa 12mila singoli pagamenti.
In quella occasione i risparmiatori avevano ricevuto circa il 3,6% del valore nominale dei titoli, ma ora si vedranno accreditare dai priori istituti di credito un’altra percentuale (seconda tranche) compresa fra il 2,4% e il 3,8%. La somma varia a seconda dei titoli obbligazionari posseduti: coloro che avevano acquistato bond emessi direttamente dalla capogruppo americana LBHI, il primo ottobre devono ricevere il 3,8% del valore nominale; coloro che erano invece in possesso di bond venduti dalla società Lehman Brothers olandese LBT, riceveranno una tranche pari al 2,4% del valore nominale. Ma le distribuzioni di quote di rimborso non finiscono qui – spiegano da
Confconsumatori – perché, secondo quanto stabilito dal piano di riparto degli organi di gestione della banca, gli ex obbligazionisti riceveranno fino al 21% del valore nominale del bond della Lehman americana (LBHI) e il 27% in favore degli obbligazionisti della società Lehman Brothers olandese (LBT). La prossima distribuzione è prevista per il 30 marzo 2013, mentre il procedimento di rimborso dovrebbe concludersi entro la fine del 2014. L’avv. Antonio Pinto, del direttivo nazionale di Confconsumatori, raccomanda ai possessori dei bond Lehman di “verificare con attenzione presso la propria banca che, nei giorni successivi al primo ottobre, venga effettivamente eseguito l’accredito delle somme”. Nel caso il cliente nel frattempo avesse cambiato banca o avesse chiuso il conto è bene che contatti il vecchio intermediario affinché provveda direttamente alla liquidazione delle spettanze sul nuovo conto o mediante assegno.
In questi casi – avvertono gli esperti – è frequente che le banche non informino i clienti dell’avvenuto accredito dei rimborsi che rimangono inevasi. E’ quindi bene farsi sentire anche perché durante la prima fase di riparto, la scorsa primavera, i ritardi e gli omessi pagamenti da parte delle banche italiane sono stati frequenti, così come le lamentela dei risparmiatori.
Molti obbligazionisti hanno fatto causa alle banche ottenendo la restituzione dei soldi
Nonostante i magri rimborsi che stanno giungendo da oltreoceano, il tempo non ha ancora cancellato le ferite di chi aveva deciso di investire su Lehman Brothers una fetta considerevole dei prori risparmi fidandosi dei consigli delle banche, della stampa specializzata e di tutti coloro che asserivano che un titolo inserito nella lista “patti chiari” era sicuro. Sono passati quattro anni da quel 15 settembre e molti risparmiatori italiani hanno ottenuto nel frattempo giustizia facendo causa alla banca che aveva venduto i titoli alla propria clientela. Non v’è una statistica precisa e aggiornata, ma secondo il Codacons sono centiniaia le cause che sonostate proposte dai risparmiatori italiani contro le banche e tante arrivano ancora adesso. Uno dei casi più eclatanti – come riporta l’Adusbef – riguarda Intesa Sanpaolo che dovrà rimborsare 474.000 euro a una famiglia che aveva investito proprio sui titoli di Lehman Brothers nel 2007, prodotti che erano stati giudicati in maniera positiva dall’istituto di Corrado Passera. L’associazione dei risparmiatori ha voluto rimarcare questa notizia, facendo capire come le speranze sull’ottenimento delle somme perse nel 2008 non devono essere messe da parte, visto che in passato (prima dell’introduzione della Mifid) le banche vendevano strumenti finanziari senza consdierare adeguatamente il profilo di rischio del risparmiatore e molti sono riusciti a ottenere adeguati risarcimenti delle somme investite anche per i bond Cirio, Parmalat o Argentina finiti in default.
C’è inoltre da nutrire una maggiore fiducia nei confronti dei tribunali, i quali in questi due anni hanno finora pronunciato sentenze quasi sempre favorevoli ai consumatori, riconoscendo che l’assenza di informazioni adeguate ha costituito un rischio gravissimo.