Domenica scorsa, Luis Inacio Lula da Silva ha vinto le elezioni presidenziali in Brasile, tornando alla guida della prima economia sudamericana dopo dodici anni e ottenendo uno storico terzo mandato. Il leader della sinistra ha battuto per un pelo (51% a 49%) l’uscente Jair Bolsonaro, che non ha riconosciuto formalmente la vittoria, pur avallando il passaggio di consegne. Il vento in America Latina spira da qualche tempo verso sinistra dopo avere soffiato a destra negli anni passati. E così il mercato s’interroga sulle possibili conseguenze di questa inclinazione progressista.
Partiamo da un dato: la vittoria di Lula non ha provocato alcuno sconquasso finanziario, anche perché era stata largamente anticipata dai sondaggi. A dirla tutta, il real si è rafforzato del 5% contro il dollaro dopo il ballottaggio e i rendimenti dei bond sovrani sono scesi. Il decennale è passato dal 12,03% all’11,85%. E la stessa borsa è salita di oltre il 4%. Semmai, come segnala il grafico di sotto, le azioni Petrobras sono scivolate di quasi il 7%.
Obbligazioni Petrobras in lieve rialzo
Nessun cedimento, invece, per le obbligazioni Petrobras. Il “callable” in dollari 19 marzo 2049 e cedola 6,85% (ISIN: US71647NBD03) si è persino leggermente apprezzato a 83,55 centesimi. Lo stesso è avvenuto con il “callable” in dollari 5 gennaio 2115 e cedola 6,85% (ISIN: US71647NAN93), salito a 78,58 centesimi. Dunque, la vittoria di Lula è o no un male per il colosso petrolifero?
Il mercato teme che, una volta tornata al potere, la sinistra brasiliana mungi le società controllate dallo stato come mucche per finanziare costosi programmi di assistenza. Accadde proprio sotto Lula e con il successore Dilma Rousseff. Proprio Petrobras fu epicentro di un gigantesco giro di corruzione, scoperto dalle indagini soprannominate “Lava Jato”, cioè “Lavaggio per auto”. Rousseff, che era stata nominata da Lula CEO della compagnia, fu estromessa dalla presidenza nel 2016 con una procedura di impeachment.
I numeri della compagnia petrolifera
Le obbligazioni Petrobras potrebbero soffrire per questa prospettiva. Anche perché la compagnia è molto indebitata: 113 miliardi di dollari a fine giugno, sebbene sotto Rousseff la massa passività era arrivata a sfiorare i 210 miliardi. La compagnia ha rating BB- per S&P e Ba1 per Moody’s. In altre parole, è considerato un emittente “speculativo”, ad alto rischio.
Nel primo semestre, ha fatturato 61,9 miliardi di dollari e maturato un utile netto di 19,6 miliardi. I dati sono stati convertiti al tasso di cambio di 5,05 vigente venerdì scorso. Ma c’è una ragione per fare un pensierino alle obbligazioni Petrobras, al di là dei numeri in sé. La vittoria di Lula è stata azzoppata da quella riportata dalle formazioni di centro-destra al Congresso. Il futuro presidente non potrà portare avanti una sua agenda estremamente progressista, perché non ha la maggioranza.
Difficile che assisteremo a un’ondata di rinazionalizzazioni o che saranno varati programmi assistenziali radicali come nei due mandati tra il 2003 e il 2011. Il rischio che i conti di Petrobras siano gravati da alcune decisioni del governo di sinistra esiste, ma il mercato non sembra tremare. Prezza margini di profitto più basso a favore degli azionisti privati, ma non una destabilizzazione finanziaria. L’apprezzamento delle obbligazioni Petrobras lo starebbe segnalando.