Domani, il board del Banco de Mexico si riunisce per l’ultima volta quest’anno e gli analisti si aspettano che lasci i tassi d’interesse invariati al 4,25%. E questo, nonostante l’inflazione sia scesa al 3,33%, offrendogli qualche margine per tagliare il costo del denaro, specialmente se si effettua un confronto con i tassi reali nel resto dell’America Latina. Quest’anno, il peso messicano ha perso oltre il 4% contro il dollaro, ma pensate che in aprile segnava -24%. Da allora, la valuta emergente non ha fatto che recuperare le immense perdite accusate per via della pandemia.

Ad ogni modo, oggi i tassi reali messicani superano lo 0,90% e meglio ancora fanno i rendimenti sovrani a lunga scadenza. Il bond a 10 anni offre oggi il 5,52%, cioè 219 punti base sopra il tasso d’inflazione.

Secondo gli esperti, a maggior ragione se l’inflazione continuerà a scendere, nel 2021 i tassi d’interesse nel Messico saranno tagliati, consentendo ai rendimenti obbligazionari di scendere, cioè ai prezzi di salire. Ma il Messico non è il mercato più promettente dell’America Latina. Ancora meglio sta facendo la Colombia, dove l’inflazione si attesta all’1,50% e i rendimenti sovrani a 10 anni sono al 5%, ben 350 punti base in più. E anche qui i tassi d’interesse reali sono positivi, pur solo dello 0,25%. E il cambio qui quest’anno ha perso poco meno del 5% contro il dollaro.

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Le situazioni miste

A meno che la banca centrale di Bogotà vorrà tagliare i tassi nominali sotto l’inflazione, non avrà a disposizione significativi margini per allentare la politica monetaria. Resta il fatto che i rendimenti reali siano decisamente i più alti tra i grandi mercati latino-americani considerati. Non abbiamo considerato né l’Argentina e né il Venezuela, le cui disastrose condizioni finanziarie non autorizzano a effettuare confronti.

Situazione mista in Brasile. Qui, i rendimenti decennali si attestano al 7,24%, cioè di 293 punti base sopra l’inflazione, ma i tassi al 2% giacciono ben al di sotto di essa di 231 punti base. In teoria, la prima economia sudamericana non disporrebbe più di alcun margine per tagliare il costo del denaro, anzi dovrebbe auspicare che l’inflazione scenda, grazie ai recenti apprezzamenti del cambio, che contro il dollaro ha guadagnato il 12% in meno di due mesi, pur perdendo ancora il 20% da inizio anno.

Situazioni analoghe in Perù e Cile. Qui, i tassi d’inflazione sono rispettivamente del 2,14% e del 2,70%, sotto i rendimenti a 10 anni al 3,58% (+1,44% reale) nell’uno e al 2,92% (+0,22% reale) nell’altro paese. Anche in questi casi, però, i tassi d’interesse sono stati tagliati anche troppo, risultando allo 0,25% in Perù e allo 0,50% in Cile, rispettivamente negativi in termini reali di 189 e 220 punti base. Nessun margine per ipotizzare un ulteriore taglio dei tassi. Riepilogando, l’unico di questi mercati che oggi può permettersi di pensare a tagliare i tassi e a rinvigorire il proprio mercato sovrano senza impattare sul cambio sarebbe il Messico e a seguire, solo marginalmente, la Colombia.

 

  • Messico: tassi 4,25% – inflazione 3,33% – rendimenti 10 anni 5,52% – tassi reali 0,92% – rendimenti reali 2,19%
  • Colombia: tassi 1,75% – inflazione 1,49% – rendimenti 10 anni 5% – tassi reali 0,26% – rendimenti reali 3,51%
  • Brasile: tassi 2% – inflazione 4,31% – rendimenti 10 anni 7,24% – tassi reali -2,31% – rendimenti reali 2,93%
  • Perù: tassi 0,25% – inflazione 2,14% – rendimenti 10 anni 3,58% – tassi reali -1,89% – rendimenti reali 1,44%
  • Cile: tassi 0,50% – inflazione 2,70% – rendimenti 10 anni 2,92% – tassi reali -2,20% – rendimenti reali 0,22%

 

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