Facciamo bene a tenere BTp in portafoglio o con questi chiari di luna sarebbe più opportuno venderli? La domanda non si presenta affatto insensata, perché il rischio che i nostri titoli di stato vengano declassati a “junk” o “spazzatura” diventa ogni settimana più concreto, a causa della durissima crisi provocata dall’emergenza Coronavirus e dalla necessità per il governo di sostenere l’economia con misure di spesa notevoli. Magari lo scenario peggiore non arriverà presto, ma superata la fase più critica ci sarà la classica conta delle macerie.
Rating BTp, declassamento a “spazzatura” probabile entro luglio
Cosa accadrà per allora? I prezzi al consumo schizzeranno per l’improvvisa aumentata domanda delle famiglie dopo circa due mesi di quarantena o scenderanno per effetto della crisi? Ad oggi, tutte le previsioni tra loro contrastanti appaiono potenzialmente corrette. Ma a seconda che prevarrà l’uno o l’altro scenario, le scelte di investimento riguardo ai BTp si riveleranno più o meno azzeccate o sbagliate. Se immaginiamo che ci attenderà una fiammata inflazionistica, dovremmo acquistare oggi titoli di stato italiani con cedole legate all’inflazione, vale a dire o BTp€i o BTp Italia. Viceversa, se riteniamo che stiamo dirigendoci verso una fase di lieve deflazione, sarebbe più razionale acquistare BTp ordinari.
Il confronto tra bond
Vediamo cosa di dice il mercato oggi. Il BTp Italia con scadenza maggio 2023 e cedola reale 0,45% (ISIN: IT0005253676) rende attualmente lo 0,85%, quando il BTp di simile durata e con cedola fissa viaggia allo 0,75%. Questo significa che gli obbligazionisti si stiano aspettando una lieve deflazione da qui ai prossimi tre anni, altrimenti pretenderebbero un rendimento più elevato sui bond con cedole fisse.
Vediamo adesso i BTp€i, che si differenziano per l’aggancio all’inflazione europea. Qui, il bond con scadenza settembre 2023 e cedola reale 2,60% (ISIN: IT0004243512) offre l’1,23% contro lo 0,90% del BTp con cedola fissa, segno che ci si aspetti un’inflazione media europea di circa un terzo di punto all’anno sottozero per il prossimo triennio. Insomma, il mercato starebbe scontando una lieve deflazione. E il BTp€i maggio 2028 e cedola reale 1,30% (ISIN: IT0005246134) viaggia sulla pari, rendendo poco meno dell’1,30%, mentre il titolo con cedola fissa di simile durata offre l’1,38%. Nemmeno in questo caso si hanno previsioni d’inflazione, trattandosi di due rendimenti di fatto quasi uguali.
Il mercato non si attende una fiammata dei prezzi o almeno non duratura. Viceversa, riterrebbe che questi siano destinati a scendere nel medio termine e a rimanere sostanzialmente stabili nel medio-lungo. Verrebbe da dire che i BTp vincerebbero sui BTp€i e sui BTp Italia, in quanto questi ultimi sono titoli agganciati all’inflazione e, quindi, tendono a sovra-performare i primi nelle fasi di surriscaldamento dei prezzi. E considerando che le quotazioni del petrolio siano scese ai minimi da 18 anni, non vi sarebbero grossi dubbi al riguardo, almeno per il breve periodo. Resta il fatto che il “lockdown” stia semi-paralizzando la produzione e qualora la ripresa dei consumi arrivasse un po’ prima che i negozi abbiano in magazzino la merce sufficiente a fronteggiare la domanda, un qualche rialzo generalizzato dei prezzi vi sarebbe, con esso anche dei titoli difensivi del potere di acquisto.
Ci sarà inflazione o deflazione dopo l’emergenza Coronavirus?