Il 18 maggio sarà il primo dei tre giorni di collocamento del primo BTp Italia di questo 2020 riservato alle famiglie, mentre il quarto giorno si terrà solo per gli investitori istituzionali. Un test per capire se il debito sovrano attiri le famiglie e le spinga a investire in esso in questa fase di difficile congiuntura economica e sanitaria. I proventi della raccolta saranno destinati ad affrontare proprio l’emergenza Coronavirus. E c’è già una novità: non ci sarà la facoltà di chiusura anticipata da parte del Tesoro, il quale decide così di tornare alle origini.
Il Tesoro prepara il lancio del BTp Italia e studia un altro bond per salvare i conti pubblici
Capiamo benissimo che questa strategia potrebbe rivelarsi interessante per riempire le casse dello stato di liquidità in un momento in cui ve n’è estremamente bisogno, andando a sfoltire le emissioni successive. A proposito, già si parla di rendere le emissioni di questi bond retail ordinarie, cioè costanti nel corso dell’anno, come avviene con gli altri titoli del Tesoro. Ma serve che il collocamento non esiti alcun flop, altrimenti l’immagine stessa dello stato ne uscirebbe devastata e i sogni di convogliare il risparmio domestico sul rifinanziamento del debito pubblico svanirebbero come neve al sole.
Ecco che la prima reale novità pratica per i risparmiatori passerebbe per la leva fiscale. Più che abbassare l’aliquota del 12,50%, già di favore rispetto al 26% imposto sugli altri proventi finanziari, si opterebbe per rendere l’investimento almeno parzialmente detraibile ai fini della dichiarazione dei redditi. Bene, ma non basterebbe. Probabile che il Tesoro si presenti all’appuntamento con una cedola minima garantita allettante. A tale proposito, si consideri che la durata del bond sarebbe da un minimo di 4 a un massimo di 8 anni.
I rischi a carico del Tesoro
Immaginando che la scadenza fosse a 8 anni, la cedola minima reale offerta non dovrebbe risultare troppo inferiore al rendimento offerto dal BTp con cedola fissa di pari durata e che ieri si aggirava sopra l’1,55%. Accanto a questa considerazione, poi, il Tesoro avrebbe modo di attirare domanda di risparmiatori cassettisti alzando il cosiddetto premio fedeltà, ad oggi pari allo 0,4% del capitale investito e riconosciuto alla scadenza a quanti abbiano comprato i titoli all’asta e li abbiano mantenuti fino alla fine. Se venisse innalzato all’1%? Sarebbe un discreto incentivo a tenersi stretti i bond, oltre che a comprarli, contribuendo al calmieramento dello spread.
Per contro, esistono rischi a carico del Tesoro. Se il clima politico e/o economico da qui a un mese si deteriorasse troppo, il ripetersi del flop dell’autunno 2018, quando l’asta del BTp Italia andò sostanzialmente deserta in pieno governo “giallo-verde”, sarebbe probabile. Inoltre, offrire condizioni troppo appetibili per questo tipo di bond andrebbe a discapito degli investimenti in altri titoli di stato, cioè i BTp con cedole fisse, i BoT, i BTp€i, i CcT, i CcTeu e i CTz.
BTp€i e BTp Italia o titoli ordinari per fronteggiare la crisi post-Coronavirus?
Va detto, però, che gli investitori individuali italiani detengono poco più di un ventesimo dell’intero stock negoziabile di debito da oltre 2.000 miliardi, per cui servono aste che si rivolgano direttamente a loro per attirarne i risparmi, in considerazione anche del fatto che sui conti bancari nazionali risultino depositati circa 1.500 miliardi infruttiferi, liquidità parcheggiata e non investita, evidentemente per timore verso il futuro e anche in attesa di opportunità d’investimento future più allettanti.