Quasi un terzo dei 10 miliardi di euro che il Tesoro punta ad incassare domani all’asta, arriverà dall’emissione della settima tranche del BTp a 5 anni. Un importo compreso tra 2,75 e 3,25 miliardi. Scadenza 1 agosto 2028, offre cedola annuale lorda del 3,80% (ISIN: IT0005548315). Questo è un bond molto interessante per le famiglie italiane. Presenta una durata residua né eccessivamente corta, né troppo lunga. Cinque anni sono un periodo perfetto per investire sul mercato obbligazionario.
Oggi, il BTp a 5 anni si acquista sul secondario ad una quotazione appena sopra la pari: 100,27 mentre scriviamo.
Inflazione italiana elemento chiave
Salvo sorprese proprio dagli istituti, è probabile che i rendimenti siano culminati già in questo mese di agosto. Ciò significa che difficilmente il BTp a 5 anni tornerà al 4% o supererà tale soglia. Allo stesso tempo, non s’immagini che assisteremo a un tracollo del suo rendimento. Anche in questo caso, salvo sorprese macroeconomiche (crollo del PIL e/o dell’inflazione), i rendimenti rimarranno elevati per alcuni mesi, ovverosia fino a quando le banche centrali non inizieranno a prospettare un primo taglio dei tassi di interesse.
Ciò premesso, percepire quasi il 3,80% lordo per cinque anni può considerarsi un buon investimento? Dipende dall’inflazione italiana, anzitutto. Guardiamo al BTp Italia novembre 2028, ad essa indicizzato. Offre una cedola reale dell’1,60% e oggi si acquista a 97,40 centesimi. Il rendimento reale che ne consegue risulta essere di circa il 2,15%. Esso è dell’1,60% più basso del rendimento offerto dal BTp a 5 anni con cedola fissa.
Rendimento netto reale BTp 5 anni
A questo punto, possiamo dedurre quale sarebbe il rendimento netto reale del BTp a 5 anni in asta domani. Al netto dell’imposizione fiscale, scende al 3,30%. Considerando anche l’inflazione, arriviamo all’1,70%. Sottraiamo anche lo 0,20% dovuto per l’imposta di bollo sul conto titoli. Otteniamo che l’investimento ci esiterebbe l’1,50% “pulito”. Ad alcuni sembrerà poco, ma dovremmo considerare che trattasi di un titolo di stato con rischio di credito sostanzialmente nullo. Ovvio che il ragionamento cambierebbe nel caso in cui le aspettative d’inflazione si rivelassero errate per difetto. Infine, bisogna fare attenzione alla possibilità di privarsi della liquidità per un intero lustro. In caso di disinvestimento anticipato, infatti, l’investitore si esporrebbe al rischio di prezzo, pur basso nel caso specifico.