La scorsa settimana, Unicredit ha prospettato l’emissione di una nuova tranche del BTp 2045 da parte del Tesoro, ovvero del primo green bond dell’Italia. Il titolo a marzo raccolse 8,5 miliardo grazie a un collocamento sindacato. A settembre, ha pubblicato la lista delle spese finanziabili dal bond. Esse comprendono gli incentivi fiscali per l’efficientamento energetico degli edifici (3,46 miliardi), i trasporti (3,13 miliardi), la tutela dell’ambiente e della diversità biologica (966 milioni), ricerca (471,7 milioni), prevenzione e controllo dell’inquinamento ed economia circolare (336 milioni) e incentivi fiscali per le fonti energetiche rinnovabili (119 milioni).
Ad oggi, non possiamo affermare che il BTp 2045 abbia ricevuto un’accoglienza calorosa sul mercato secondario. In sette mesi, gli scambi hanno ammontato a quasi 2,3 miliardi di euro, il 27% del totale e pari a una media mensile del 3,85% del capitale massimo negoziabile. Ma durante l’estate, le contrattazioni del titolo sono crollate a una media di 220 milioni di euro al mese, pur rimbalzando a 400 milioni a settembre, probabilmente sostenute dalla pubblicazione della lista del Tesoro.
BTp 2045 con spread in aumento
Venerdì scorso, il BTp 2045 offriva un rendimento lordo dell’1,65%, a +31 punti base sul BTp settembre 2044. Quando il primo fu scambiato per la prima volta sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana, lo spread era di 13 bp. Da allora, il green bond ha perso il 4,2% in termini di quotazione, un po’ più del 4% del BTp 2044. Anziché un cosiddetto greenium, il titolo esibisce rendimenti superiori a quelli offerti dai bond di simile scadenza. E, soprattutto, il divario tende a crescere, anziché a contrarsi con i mesi.
Probabile che il Tesoro sosterrà la liquidità del suo primo green bond con una nuova tranche, ma è altrettanto probabile che opti prossimamente per collocare sul mercato una seconda scadenza, così da costruirsi una curva che funga da “benchmark” per il corporate italiano. Chissà che sull’andamento non pesi pure lo scetticismo del mercato verso la capacità delle nostre istituzioni di centrare gli obiettivi di sostenibilità ambientale fissati.