Natale molto amaro per gli obbligazionisti della BPM. L’assemblea dei portatori dell’obbligazione convertendo 2009-2013 6,75% della Banca Popolare di Milano (codice Isin IT0004504046) ha appena approvato la proposta avanzata dall’emittente di rimborsare anticipatamente il prossimo 29 dicembre il titolo a valori nettamente inferiori a quelli inizialmente previsti dal regolamento. In altre parole, non prima di aver portato a termine una capillare raccolta di deleghe, l’istituto meneghino raggiunto il quorum necessario per modificare alcune clausole del contratto, fra cui quelle che prevedono l’abbassamento del prezzo delle azioni da offrire in concambio dagli originari 6 euro a 2,71.
Bond rischiosissimi venduti per sicuri. La Consob aveva già sanzionato la Popolare di Milano
Un’operazione che era già finita sotto la lente della Consob e della Procura per gravi irregolarità già due anni fa quando, per raccogliere liquidità in una difficile fase di mercato, fu collocato presso investitori istituzionali il convertendo da 459 milioni di euro, obbligazione particolarmente rischiosa che prevede il rimborso in azioni a scadenza. Ma dopo le scarse adesioni degli istituzionali, ben consci del rischio che avrebbero corso, BPM ha cominciato a collocare il bond alla propria clientela privata per 171 milioni di euro. Secondo la ricostruzione fornita in seguito dalla Consob, i dipendenti avrebbero “invertito l’ordine logico da seguirsi per la valutazione” del profilo di rischio della clientela, rendendolo “una variabile dipendente dalla necessità di rendere consigliabile” il convertendo.
Conversione anticipata del bond per mandare in porto l’aumento di capitale
Ma nessuno si sarebbe aspettato fino a pochi mesi fa che la banca di Piazza Meda facesse uno sgambetto del genere ai suoi obbligazionisti compromettendo irreparabilmente la fiducia di uno degli istituti bancari più blasonati d’Italia. Alcuni analisti di una SIM milanese sostengono che BPM avrebbe agito sotto ricatto da parte di chi avrebbe dovuto sottoscrivere l’aumento di capitale da 800 milioni appena concluso. In pratica, l’operazione di conversione anticipata dell’obbligazione doveva essere fatta ai valori attuali, bassissimi, per aumentare i requisiti patrimoniali della banca (è evidente che 800 milioni di euro di ricapitalizzazione non erano sufficienti e non sarebbe stato possibile chiederne di più al mercato) e per non agevolare un futuro recupero delle quotazioni una volta andato in porto l’aumento di capitale. L’ipotesi pare suffragata dal fatto che appena dopo che l’emittente ha proposto la conversione anticipata del bond (13 dicembre), le adesioni dell’aumento di capitale si sono impennate e le quotazioni sono tornate visibilmente sopra la soglia dell’aumento di 0,30 euro per azioni.