Compreresti un bond senza cedola, ma con un rendimento lordo alla scadenza del 48%? All’apparenza non ci sarebbe da ragionarci un solo istante. Ben che vada, un titolo di stato italiano di questi tempi ti offre il 4%. Se poi aggiungiamo il fatto che l’emittente goda della massima affidabilità creditizia – rating tripla A – il discorso sembrerebbe chiuso. Invece, si riapre non appena aggiungiamo un altro particolare: il bond è denominato in lire turche. E qui realmente il discorso per buona parte di chi legge si è già chiuso.
Bond senza cedola, guadagno dall’emissione
Stiamo parlando del bond senza cedola o zero coupon della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers), emesso nel novembre scorso e con scadenza 10 novembre 2030 (ISIN: XS2712548655). Questa obbligazione debuttò ad appena 6,43 centesimi. In pratica, un lotto minimo di 10.000 lire si poteva acquistare pagando soltanto 643 lire. A quel prezzo corrispose un rendimento medio annuo lordo alla scadenza del 48%. Oggi, esso è salito a 7,57 centesimi, segnando una crescita del 17,7% in quasi cinque mesi.
Lira turca nella tempesta
Il bond senza cedola della Bers attualmente continua ad offrire intorno al 48% all’anno. Questo significa che, nei primi mesi di vita, si è apprezzato in linea con il suo rendimento iniziale. Tuttavia, dalla data di emissione ad oggi la lira turca ha perso circa il 12% contro l’euro. Il rendimento effettivo scende così al 3,6%. Infatti, un lotto minimo di 643 lire ci sarebbe costato 21,07 euro all’emissione, mentre oggi varrebbe 21,82 euro.
Da qui alla scadenza mancano più di sei anni e mezzo. Non sembrano tantissimi, eppure sono un’eternità per una valuta emergente come la lira turca, deprezzatissima sui mercati in questi anni. Viene da chiedersi se non sia il caso di fare un pensiero al bond senza cedola della Bers. Facciamo prima due conti per capire quale sarebbe il limite oltre il quale, anziché produrre un rendimento, l’investimento si rivelerebbe una perdita.
Cambio-limite per evitare perdite
Poiché il bond senza cedola ci sarà rimborsato, chiaramente, alla pari, dovremmo sperare che le 100.000 lire turche al novembre del 2030 valgano non meno dei 21,82 euro spesi. E questo implica che il tasso di cambio non dovrà superare il rapporto di 458,30. Considerato che il cambio di oggi sia di 34,70, il deprezzamento entro i prossimi sei anni e mezzo non dovrà superare il 92,4%. Tantissimo, ma considerate che nei sei anni e mezzo passati esso è stato del 90%. L’auspicio è che le cose d’ora in avanti vadano un tantino meglio, ovvero che ad Ankara abbiano imparato la lezione su come gestire la politica monetaria in maniera più razionale.
E’ ovvio, poi, che non acquisteremmo mai il bond senza cedola in lire per portare a casa un rendimento nullo dopo anni. La speranza sarebbe di mettere a frutto un certo guadagno. E senz’altro esso dovrebbe essere superiore a quello che otterremmo investendo in un “safe asset“ come il Bund di pari durata. Esso ci offre oggi il 2,35%. Questo ci porta a fissare un limite per il cambio tra euro e lira non superiore a circa 393 entro la scadenza. Il deprezzamento non dovrebbe superare il 91%. Se, invece, il confronto lo effettuassimo con il BTp di pari durata, il cambio-limite scenderebbe ancora a circa 367. In ogni caso, un deprezzamento massimo del 90,5% sarebbe ancora ammissibile.
Bond senza cedola dipendente da cambio e tassi globali
Può benissimo accadere che nei prossimi mesi o anni il bond senza cedola si apprezzi in misura superiore all’eventuale ulteriore deprezzamento, aprendo una finestra di opportunità per la rivendita sul mercato secondario.