E’ andata meglio del previsto l’ultima emissione di Enel di ieri, quando è stato collocato sul mercato un bond perpetuo e “ibrido” per 600 milioni di euro, più dei 500 milioni inizialmente fissati dalla compagnia. In effetti, gli ordini raccolti hanno ammontato a 3,5 miliardi, per cui il rendimento esitato è stato più basso delle attese di ben mezzo punto percentuale, ossia del 2,375%.
Le suddette obbligazioni, dicevamo, sono perpetue, nel senso che non hanno alcuna scadenza. Tuttavia, Enel ha previsto la possibilità di un rimborso (“call”) a partire dai 6,5 anni di vita.
Si tratta anche di un ibrido, perché sul piano regolamentare può essere trattato a metà tra debito e capitale. Ad esempio, l’emittente ha la possibilità di rinviare il pagamento delle cedole, anche cumulativamente. Dunque, siamo in presenza anche di un bond subordinato.
Quanto ai rating, Moody’s ha assegnato a questa emissione il giudizio di “Ba1”, due gradini sotto il “Baa2” riconosciuto ai titoli senior della stessa Enel. Per S&P e Fitch, l’emittente vale rispettivamente “BBB+” e “A-” con prospettive “stabili”. L’operazione è stata curata da Bbva, Bnp Paribas, Credit Agricole, Goldman Sachs, JP Morgan, Santander, Societe Generale e Unicredit.
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I rischi del bond ibrido perpetuo di Enel
Lo scorso anno, Enel fece da apripista per il mercato obbligazionario mondiale con l’emissione di un green bond “ibrido”, cioè caratterizzato da condizioni meno stringenti circa l’uso dei proventi per finalità ambientali.
L’emissione di ieri può essere un’occasione d’investimento per quanti vorrebbero approfittare di tassi relativamente sostenuti per far fruttare il capitale. A parte il rischio di subordinazione, la grana principale è rappresentata dall’assenza di un orizzonte temporale chiaro. In teoria, la discesa dei tassi di mercato da un lato sosterrebbe anche i prezzi dell’obbligazione ibrida di Enel, dall’altro li colpirebbe man mano che ci si avvicinerà alla data per l’esercizio della call. Questo, perché costi di rifinanziamento ancora più bassi, come sopra accennato, agevolerebbero il rimborso anticipato, ma priverebbero l’obbligazionista dei flussi di reddito per gli anni futuri, costringendolo a reimpiegare il capitale in un ambiente di mercato meno fruttifero.
Infine, non si sottovaluti il rischio liquidità. I titoli senza scadenza si caratterizzano per scambi giornalieri poco sostenuti e ciò creerebbe qualche problema in fase di disinvestimento, in quanto non è detto che si riuscirebbe a vendere così velocemente come sperato.
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