Guillaume Riteau ha 22 anni di esperienza nei mercati finanziari di cui 18 in analisi/gestione sui mercati obbligazionari e 9 anni nei mercati emergenti. È stato gestore obbligazionario presso PRO BTP Finance responsabile dei mercati emergenti, miglior gestore di Francia secondo Citywire nel 2020. È ora gestore di GemBond, fondo di debito sovrano emergente Hard Currency. (Quota in $ FR00140059U5 – Quota in € hedge FR00140059W1)

Salve, Dott Riteau. Negli ultimi anni i mercati obbligazionari sono tornati appetibili. I rendimenti sono saliti a livelli che non si vedevano da molto tempo, a causa delle politiche monetarie restrittive in tutto il mondo avanzato, fatta eccezione per il Giappone. Ora, gli investitori si attendono il primo taglio dei tassi tra le grandi banche centrali. E’ ancora un buon momento per comprare bond? 

Sì, è un gran momento per comprare bond.

La stretta monetaria è alle nostre spalle. Non escludiamo la possibilità di nuovi rialzi, ma sarebbero moderati. Il mercato si attende ancora un pivot della Federal Reserve entro la fine dell’anno. A questi livelli di rendimento, entrare sul mercato con una strategia “carry” ha senso per noi, beneficiando dei cedole elevate e protettive. E’ un ottimo momento per comprare bond, diversificare e avere esposizioni basate sull’accettazione del rischio degli investitori.

L’attenzione sui mercati sembra essersi spostata dalle probabilità di un taglio dei tassi alla sua intensità nei trimestri successivi. Prevede un allentamento monetario a bassa intensità? Se sì, perché? 

Guardando all’attività economica negli Usa e alle dinamiche dell’inflazione, non ci aspettiamo un forte allentamento monetario. Il nostro scenario di base all’inizio dell’anno era per un ciclo restrittivo medio, come accadde a metà degli anni Novanta sotto il governatore Alan Greenspan. Ciò significa tagli dei tassi cumulati per 50-75 punti base per ottenere tassi reali meno restrittivi. Se ci sarà un peggioramento del mercato del lavoro nel secondo semestre, come sembrano indicare le intenzioni di assunzione tra le piccole e medie imprese o le rilevazioni sulle attività delle costruzioni, allora la Fed potrebbe abbassare i tassi ulteriormente.

E’ lo scenario migliore per il mercato obbligazionario. Lo scenario peggiore sarebbe un’economia Usa resiliente e un mercato del lavoro con un’inflazione in rialzo. In quel caso, la Fed rimarrebbe ferma o restringerebbe ancora di più la sua politica monetaria.

I rendimenti hanno toccato il picco nello scorso ottobre e sono collassati da allora fino a dicembre, pur essendo parzialmente risaliti successivamente. In conseguenza della loro elevata duration, i bond a lunga scadenza si sono apprezzati molto. Ci sono ancora margini per un loro ulteriore apprezzamento? E li consiglierebbe agli investitori retail?

I bond a lungo termine hanno beneficiato massicciamente del pivot della Fed durante l’ultimo trimestre del 2023. Ad oggi dall’inizio dell’anno abbiamo avuto un ri-prezzamento verso l’alto, la scadenza a 10 anni del Tesoro ha cancellato l’80% dei guadagni nell’ultimo trimestre dello scorso anno. Per noi si tratta di un’opportunità per scommettere nuovamente sul mercato dei tassi Usa. Altra storia se si guarda ai mercati corporate, in cui gli spread creditizi sono storicamente stretti. Non ci si può attendere ritorni consistenti in relazione ai Treasuries americani (o ai Bund della Germania). Si può ancora guadagnare dal carry sugli spread, ma bisogna essere molto selettivi con valutazioni così generose.

La storia sulle valutazioni è abbastanza simile per i bond sovrani emergenti. Ma ci sono esempi allettanti di “angeli caduti” tra paesi come Panama, Colombia e Sudafrica. Ci sono anche opportunità tra economie sotto stress finanziario come Argentina, Turchia ed Egitto. Raccomandiamo di avere un mix tra bond sovrani di alta qualità e situazioni speciali di stati che mostrano miglioramenti in termini di politiche o valutazioni attraenti.

Quando le banche centrali alzavano i tassi di interesse e i rendimenti salivano anche, i flussi dei capitali si dirigevano verso i mercati avanzati. Ora, sta accadendo in parte il movimento opposto. Alcuni attori emergenti ne stanno approfittando per vendere debito sui mercati internazionali. Come vede questa tendenza? 

E’ un fattore tecnico positivo per il mercato del debito sovrano emergente. Il mercato primario è stato chiuso per gran parte del 2022 ed è stato riaperto progressivamente per gli emittenti migliori come Messico e Indonesia. Per gli emittenti di qualità minore, a parte i pochi stati che sono andati in default (Zambia, Sri Lanka, Ghana, Etiopia), le istituzioni bilaterali e multilaterali hanno coperto il fabbisogno finanziario negli ultimi due anni. La riapertura per gli emittenti di bassa qualità ha richiesto più tempo e ha fatto progressi quest’anno, con stati come Costa d’Avorio e Kenya che hanno emesso nuovi Eurobond. Gli stati emergenti godono in generale di migliore salute finanziaria rispetto a 20 anni fa, avendo migliorato le loro strutture istituzionali. Gli emittenti sovrani emergenti sono molto pragmatici e possono permettersi di gestire nuove emissioni secondo l’appetito per il rischio degli investitori. Per gli emittenti IG (Investment Grade), il fabbisogno finanziario netto è limitato e se anche il mercato dovesse richiudersi, si potrebbero permettere di attendere tempi migliori. Bisogna anche notare che i massicci deflussi cumulati per 147 miliardi di dollari registrati dal 2022 per i fondi obbligazionari emergenti offrono un quadro più chiaro sul piano tecnico.

Durante la pandemia diverse economie emergenti sono andate in default. Tra di esse ci sono Zambia, Ghana, Etiopia, Sri Lanka, Ecuador, ecc. Anche peggio, poche sono state in grado di gestire con successo la rinegoziazione del debito con i creditori sino ad ora. Quali aspetti tiene in considerazione quando investe sui mercati emergenti? E quant’è alto il rischio di credito per loro, in generale, in questa fase? 

Il combinato tra pandemia e invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha provocato il default in alcuni stati (i quattro sopra menzionati).

Il processo di ristrutturazione per chi è in default è diventato più complicato di due decenni fa, a causa della crescente differenza tra tipologie di creditori coinvolti (istituzioni bilaterali e multilaterali, bilaterali all’infuori del Club di Parigi come la Cina, creditori privati) e la comparabilità della clausola di trattamento sotto il Common Framework del G20 con l’obiettivo di assicurare un trattamento bilanciato tra tutti i creditori esteri dello stato indebitato. Lo Zambia ha di recente annunciato di avere trovato un accordo di ristrutturazione con i creditori dopo tre anni dal default. Le condizioni finanziarie incluse nell’accordo sono state migliori delle aspettative dei mercati, generando un apprezzamento dei bond sovrani. In attesa che simili risultati si abbiano per altri stati emergenti, i loro bond si sono ri-prezzati al rialzo. La volontà politica e il consenso di Usa e Cina di non usare come un’arma l’assistenza ai paesi in via di sviluppo dovrebbero aiutare a trovare soluzioni più veloci per la ristrutturazione (dei debiti) per altri stati.

Con uno spread creditizio medio di 680 punti base per gli stati “high yield”, paragonato ai 1.000 punti nel momento peggiore della crisi, bisogna essere più selettivi in fase di investimento. Quando s’investe sui mercati emergenti, bisogna fare attenzione alla governance, oltre alle metriche e alle valutazioni di natura finanziaria. La governance è cruciale nel valutare i rischi politici di uno stato e la sua capacità di implementare politiche pubbliche solide. Gli stati con credenziali di governance migliori sono più proni ad accettare il sostegno del Fondo Monetario Internazionale (FMI) in episodi di stress sui mercati.

Alcune grandi economie versano in gravi difficoltà finanziarie: Egitto, Nigeria e Pakistan da soli rappresentano più di mezzo miliardo di abitanti. Un evento creditizio viene evitato solamente dall’intervento internazionale, ma quanto sono fragili i fondamentali?

Per Gemway Assets il processo d’investimento è fondamentalmente di tipo ESG. Quindi, in GemBond non possiamo investire in Nigeria o Pakistan per ragioni ESG. E’ stato anche il caso dell’Egitto fino a poco tempo fa. Prendendo come esempio quest’ultimo stato, è altamente vulnerabile alle condizioni esterne, con le entrate da turismo, rimesse (degli emigranti) e del Canale di Suez ad essere cruciali per le finanze pubbliche e la posizione esterna. Ed è anche altamente vulnerabile sul piano geopolitico. Gli ultimi sviluppi in Palestina hanno messo il suo settore turistico sotto stress, così come le entrate derivanti dal canale. Nel frattempo, il governo si è molto impegnato ad implementare riforme strutturali e politiche ortodosse per porre rimedio al trend insostenibile del debito, sostenuto tecnicamente e finanziariamente dall’FMI. L’impegno recente ad investire 35 miliardi di dollari da parte degli Emirati Arabi Uniti ha dato una mano al paese ad assicurarsi sufficienti riserve valutarie per tendere ad un regime di cambio più flessibile e normalizzare la politica monetaria. Pensiamo che le sfide che l’Egitto sta affrontando siano un’opportunità per il paese di mettere in pratica politiche adeguate. Per questo paese, così come per la Nigeria e il Pakistan, la volontà politica e il sostegno popolare sono determinanti per avere successo e rendere le economie opportunità di investimento allettanti.

E al contrario, quali sono i paesi emergenti in cui consiglierebbe di investire e perché?

Gemway Assets ha una preferenza per il debito sovrano emergente denominato in valute forti. Storicamente, esso ha una volatilità annualizzata di circa il 4,6%, comparabile a quella dei debiti “investment grade” denominati in euro e che è del 3,7%. Per i debiti emergenti denominati in valute locali, la volatilità storica è stata quasi doppia, all’8,5%. In Africa, preferiamo il debito in valute forti della Costa d’Avorio con un’esposizione del 3,5% in GemBond. Dall’elezione di Alassane Ouattara alla presidenza nel 2011, abbiamo visto un miglioramento strutturale dei suoi fondamentali. Moody’s le assegnava un rating B1 nel 2014, salito a Ba2 nel 2024 con outlook positivo. Per il 2024 la crescita è attesa del 6,5% e l’inflazione al 3,8%. Il rapporto debito/Pil è del 57%. L’ultima emissione dell’Eurobond, una scadenza in dollari a 12,5 anni, offre un rendimento dell’8,7%. Lo spread, 400 punti base sulla curva Usa, è significativamente inferiore rispetto al resto dell’area. Per restare più vicini, la Turchia (5,4% in GemBond) per i bond in valute forti e locale si conferma ad un punto di svolta. Le autorità stanno lavorando per riportare l’inflazione sotto la doppia cifra e per ripristinare la fiducia internazionale. Il rendimento del bond con scadenza ottobre 2025 in lire turche è del 45% e per la scadenza di gennaio 2028 in dollari Usa del 6,7%, con uno spread sulla curva Usa di 200 punti base (contro i 580 di un anno fa). In questi caso, con il ritorno ad un mix di politiche ortodosse, i bond in lire turche offrono un’opportunità d’investimento allettante.

Conclusioni:

Guillaume Riteau, manager del fondo GemBond a Gemway Assets, raccomanda una strategia focalizzata sui bond emessi in valute forti, la cui volatilità è equivalente a quella del mercato obbligazionario dell’Eurozona. Investire in bond denominati in valute locali può essere una fonte supplementare di performance, ma bisogna essere selettivi e capaci di sostenere il rischio di cambio e la conseguente volatilità.

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