Giovedì scorso, l’agenzia di rating Fitch ha declassato i bond della Colombia da BBB- a BB+ con outlook stabile, portandoli in area “non investment grade”. A maggio, era stata S&P ad avere scaraventato i titoli di stato di Bogotà nell’area “junk” o “spazzatura”. Poiché già due istituti hanno provveduto a tale declassamento, il debito sovrano colombiano è da considerarsi formalmente speculativo, cioè ad alto rischio.
L’eccezione positiva dello stato sudamericano nella regione è venuta meno. Del resto, Fitch ha rimarcato come il rapporto debito/PIL sia destinato a salire sopra il 60%, più del doppio rispetto ai livelli del 2011, anno in cui i bond della Colombia conquistarono lo status “investment grade”.
Alla base delle valutazioni negative vi è l’incremento del debito legato alla pandemia e al quale il governo del presidente Ivan Duque ha cercato di reagire con una politica di austerità fiscale improntata all’aumento delle tasse. Ma la reazione delle piazze è stata furente e ha già lasciato sul terreno decine di morti. Fitch teme che le misure approvate dal Congresso in aprile saranno annacquate per andare incontro alle richieste dell’opinione pubblica.
Ad ogni modo, non pare che dopo il secondo “downgrade” di qualche giorno fa i mercati siano rimasti sconvolti. Che i bond della Colombia sarebbero stati colpiti dalla scure del rating lo si dava per scontato. In effetti, il rendimento a 10 anni ha chiuso venerdì scorso al 7,03%. Era al 7,26% dopo la prima caduta nell’area “spazzatura” a maggio. Viceversa, il rendimento a 1 anno è salito nello stesso frangente dal 2,59% al 2,86%. Da allora, poi, si mostra stabile anche il cambio contro il dollaro: pesos a -8% quest’anno.
E si consideri un altro dato: l’inflazione a giugno risulta salita al 3,6% dall’1,95% di aprile. Di fatto, i rendimenti reali dei bond della Colombia sono scesi. Vale la stessa considerazione per quelli denominati in dollari.