Se in Italia seguiamo quotidianamente con apprensione lo spread, a Vienna non sanno neppure cosa significhi. L’altro ieri, l’Austria ha emesso un nuovo bond a 100 anni, raccogliendo 2 miliardi di euro tramite un collocamento sindacato, registrando ordini per circa 9 volte superiori. Si è trattato di un’obbligazione con scadenza luglio 2120 e con cedola 0,85%, il cui prezzo esitato è stato di poco sotto la pari, per cui il rendimento lordo è stato dello 0,88%, inferiore allo 0,95% atteso alla vigilia.
L’Austria ha lanciato un nuovo bond a 100 anni, rendimento allo 0,88%
Non è stata certo la prima emissione di un bond secolare per l’Austria, che già nel settembre 2117 aveva preso la palla al balzo dei bassi rendimenti per offrire ai mercati una scadenza nel lontano 2117.
Breve analisi dei bond a 100 anni
Quale scegliere tra le due scadenze a 100 anni? Per quanto i rendimenti siano necessariamente molto simili – ieri il bond 2117 offriva poco più dello 0,60% – diversi sono i rischi associati ai due titoli. Entrambi sono a lunghissima scadenza, ma uno ha una cedola molto più alta dell’altro. E come sappiamo, questo lo rende di “duration” più bassa, cioè meno esposto alla volatilità. Stiamo dicendo che il bond 2117 si mostrerebbe più stabile di quanto non lo sia quello che scadrà 3 anni più tardi, in quanto il maggiore tasso “frenerà” la discesa dei prezzi quando i rendimenti saliranno. In un certo senso, è come se il bond di nuova emissione sia stato attrezzato di un paracadute più piccolo, meno capace dell’altro di attutire la caduta in un ambiente di rialzo dei rendimenti di mercato.
Proprio per questo, il bond 2120 si mostra più allettante per le fasi rialziste di prezzo, consentendo al trader di portare a casa guadagni potenzialmente maggiori. E nelle fasi di ribasso dei prezzi? Supponiamo che il rendimento a 100 anni dell’Austria si porti intorno all’1,50%. Vediamo cosa accadrebbe ai due titoli. Il bond con scadenza 2117 dovrebbe perdere circa il 35% del valore attuale, al bond 2120 basterebbe meno del 30%. In sostanza, nella buona e nella cattiva sorte sarebbe preferibile optare per il 2120, anche perché il primo si è apprezzato fin troppo rispetto al valore nominale e ciò lo rende nel tempo soggetto a brusche correzioni, sebbene da qui alla scadenza manchi “soltanto” un secolo. E l’apparente paradosso deriva anche dalla diversa convessità, sul cui concetto vi rimandiamo a quanto scritto in questo articolo (clicca qui).
In generale, però, inserire un portafoglio un titolo a lunghissima scadenza e con cedola molto bassa, se non nulla, non è una buona idea per quanti vogliano dormire sonni relativamente sereni la notte. E’ vero che difficilmente rivedremo i livelli dei tassi pre-QE nell’Eurozona da qui ai prossimi anni, ma che possano rimanere così bassi non sembra per niente scontato. E man mano che il mercato sconti la ripresa dell’economia e dell’inflazione e percepisca minori rischi per l’area, allontanandosi dai “porti sicuri” della Mitteleuropa, i prezzi dei bond come quello appena emesso da Vienna declineranno. E data la scarsa liquidità ad oggi di questi strumenti, improbabile che si abbia il tempo di rivenderli in fretta senza accusare perdite, anche cospicue.
Ecco perché investire nel bond austriaco a 100 anni con rendimenti da fame ha senso