Nei giorni scorsi, il Perù si è aggiunto alla lista degli emittenti a lunghissima scadenza. Il Tesoro di Lima, pur nel pieno di un caos politico-istituzionale grave, ha collocato sul mercato obbligazioni in dollari a 100 anni, scadenza luglio 2121 con cedola del 3,23% e rendimento di poco superiore, cioè in area 3,26% (ISIN: US715638DR09). E’ stato un grosso successo, spuntando un rendimento di soli 170 punti base sopra quello offerto dal Treasury a 30 anni, la scadenza sovrana più lunga negli USA. Tra le altre economie emergenti, troviamo il Messico ad avere emesso ben due bond in dollari a 100 anni.
Il Perù emette con successo un bond a 100 anni, rendimento mai così basso per un emergente
Inserire in portafoglio questi titoli significa puntare a mettersi in tasca un rendimento relativamente elevato praticamente per sempre, cioè vita natural durante, magari lasciando i titoli in eredità. Chiaramente, nessuno ci obbliga a tenerli fino alle rispettive scadenze. E, infatti, la principale ragione per la quale un investitore individuale punterebbe su un bond che scade tra un secolo è generalmente quella di approfittare dell’elevata duration per speculare al rialzo. Se i tassi di mercato si muoveranno al ribasso, i rendimenti dei titoli scenderanno e i prezzi saliranno. Anche la variazione di un solo punto percentuale porterebbe a guadagni enormi. Per converso, esiste il rischio opposto di trovarsi costretti a tenere questi titoli a lungo per via del rialzo dei tassi di mercato e la conseguente discesa dei prezzi.
Ripararsi a Vienna
Inoltre, c’è emittente ed emittente. L’Argentina emise il suo primo bond a 100 anni nel 2017 ed è andata in default agli inizi di quest’anno, versando in crisi finanziaria già nel 2018.
Questo bond austriaco ti ha fatto guadagnare il 20% dalla fine dell’estate
Diremmo che sia le obbligazioni a 100 anni del Messico che quelle dell’Austria servano per guadagnare dai bassi tassi globali, mentre solo le seconde anche per accrescere la qualità media del portafoglio e ripararsi dalle possibili tensioni future. Viceversa, le prime risentirebbero duramente di queste ultime, trattandosi di debito emesso da un soggetto a medio-alto rischio e per giunta ancora un mercato emergente. Il rischio di cambio, infine, per noi dell’Eurozona grava solamente sulle emissioni in dollari, ma per contro ci consente di speculare anche sull’apprezzamento della divisa americana, meglio se contestuale al rialzo dei rendimenti (ribassi dei prezzi) in euro.