Il debito pubblico italiano ha battuto un altro record. Ad aprile, secondo Bankitalia, è stata superata la soglia dei 2.041 miliardi di euro. Son tanti o pochi? Si dice che siano tanti, ma forse non ancora abbastanza per farci capire che di questo passo non si può più tirare la corda senza agire radicalmente sui gruppi di potere e sulle caste, a cominciare da quelle politiche e sindacali che si radicano in tutti gli strati della pubblica amministrazione. Mentre alla Camera si discute delle nozze gay tenendo contestualmente vivo l’inutile dibattito su come rilanciare l’occupazione o come fare per abbassare le tasse, giornalisti compiacenti, asserviti al finanziamento pubblico come un cagnolino al suo padrone, scaricano le responsabilità di ogni cosa fuori dai confini italici.
Spesa per stipendi pubblici e pensioni fuori controllo
Il quotidiano tedesco Der Spiegel venerdì ha detto che la classe politica italiana è incapace di attuare le riforme necessarie e di tagliare radicalmente la spesa pubblica che è in continua ascesa. Non è una novità, anzi i tedeschi arrivano tardi a queste conclusioni. Forse è un bene per noi che se ne siano accorti solo adesso, altrimenti nell’euro non ci saremmo mai entrati. Ma, del resto, comunque, lo Stato continua a spendere troppo. Se ne vanno per il sistema previdenziale 262 miliardi all’anno e i conti dell’Inps non reggeranno ancora per molto, mentre per gli stipendi dei dipendenti pubblici si spendono quasi 170 miliardi e solo queste due voci rappresentano il 25% del monte debitorio dell’Italia (era meno del 20% prima dell’introduzione dell’euro), solo in parte coperto da entrate tributarie in aumento e per il resto coperto da denaro rinvenente dalla stampa di titoli di stato.
Debito pubblico: serve una sforbiciata da 400 miliardi di euro
Ma la domanda che adesso tutti inevitabilmente si pongono è: quanto potrà durare ancora? Cosa succederà poi? Secondo quanto trapelato dalle pagine di Facebook circa l’ultima riunione massonica di Bilderberg, il club dei rappresentanti degli uomini più ricchi del pianeta che periodicamente si radunano come se dovessero disputare una partita di poker decidendo in anticipo quale sarà la prossima vittima, il destino dell’Italia pare segnato. Partendo dal fatto che il mostruoso debito pubblico continuerà a gonfiarsi – come riferisce Bankitalia – che le tasse non si possono aumentare più di così e che il Pil non è in grado di sostenerlo anche in previsione di una robusta e fantasmagorica crescita per i prossimi anni, sarà necessario tagliarlo almeno di un quarto per riportarlo al 100% del prodotto interno lordo.
Titoli di stato e clausole collettive (Cac)
Dal primo gennaio 2013 sono infatti state introdotte nel nostro ordinamento delle clausole di azione collettiva (Cac) sulle nuove emissioni dei titoli di stato, conformemente a quanto previsto dal meccanismo salva-stati per i paesi europei in difficoltà, che prevedono la rinegoziazione del debito emesso dal Tesoro. [fumettoforumright] Nella sostanza si tratta di una serie di regole che permetteranno agli Stati che vivono una situazione di crisi del debito di attuare una ristrutturazione del debito stesso che darà la possibilità di ricontrattare interessi e scadenze, così come di proporre agli investitori anche lo scambio con obbligazioni differenti. Stando ai numeri, per il 2013 è previsto che il Tesoro rifinanzi, con nuove emissioni, titoli di stato per ben 440 miliardi di euro, cifra che più o meno corrisponde al 25% del debito pubblico complessivo di cui dicevamo prima. Qualcuno potrebbe obiettare che si tratti di una mera coincidenza e che si voglia fare delle congetture, ma ci sono altri elementi che fanno propendere per un finale che non avrà i contorni della “tragedia greca” del 2012, ma che ne ricalcherà fedelmente il percorso.
Le preoccupazioni del Tesoro e l’allungamento del debito
Secondo i dati della Banca d’Italia, la quota di debito pubblico in mano ad investitori esteri è tornata sopra i 750 miliardi, mentre quella posseduta dagli italiani è di 1.300 miliardi circa.
In conclusione, quindi, la strada è inevitabilmente segnata per i Btp, resta solo da capire quando questi titoli saranno ristrutturati. Difficile fare previsioni, ma una cosa è certa: più tempo dura la crisi, prima arriverà il conto da saldare da Bruxelles.