“Dopo la crisi finanziaria globale del 2008-09, le Banche centrali hanno capito con chiarezza l’importanza di monitorare assiduamente la capacità dei rispettivi sistemi bancari di affrontare situazioni economiche difficili. Per rispondere ai requisiti di adeguatezza patrimoniale sanciti da Basilea III, le banche europee hanno iniziato ad emettere obbligazioni convertibili contingenti“.
Lo evidenzia Christopher Gannatti, Head of Research di WisdomTree, precisando che “le obbligazioni convertibili contingenti, o CoCo bond, rappresentano un modo in cui le banche possono rafforzare i requisiti di capitale di Tier 1, altrimenti riservato al capitale primario e agli utili non distribuiti. Questo ulteriore livello della struttura del capitale intende assorbire le perdite nell’eventualità in cui si verifichino gravi stress sui mercati e serve da cuscinetto tra il capitale azionario e il debito senior. A seconda dei termini che lo definiscono, un CoCo bond è classificato come capitale di AT1 o di Tier 2 (T2). I meccanismi di trigger e di assorbimento delle perdite rappresentano una caratteristica unica e specifica dei CoCo. Il trigger costituisce un livello di attivazione prefissato che, se violato, attiva il meccanismo di assorbimento della perdita. Quest’ultimo identifica i provvedimenti adottati di conseguenza“.
Per l’esperto “i Coco bond sembrano offrire rendimenti più elevati rispetto ad altre asset class focalizzate sull’Europa. In particolare, in Europa i rendimenti sugli indici obbligazionari sono piuttosto bassi – anche l’indice Ice BofA Ml Euro High Yield Index si attestava solo a circa il 2,8%, percentuale inferiore al dividend yield dell’Euro Stoxx Index e dell’Euro Stoxx Banks Index. L’indice iBoxx Contingent Convertible Liquid Developed Europe At1 Index invece si attestava al 5,10%. Chiaramente i CoCo bond presentano rischi unici ma si tratta essenzialmente di capire se il guadagno incrementale del possibile reddito sia sufficiente a compensare gli investitori da questi rischi. A nostro avviso, fino a quando gli emittenti di obbligazioni convertibili contingenti mostrano fondamentali ragionevolmente solidi, questi strumenti possono essere piuttosto interessanti“.
Ovviamente, conclude Gannatti, “i rendimenti rappresentano solo parte della questione: il rendimento complessivo di uno specifico indice obbligazionario cattura gli effetti del rendimento ma anche altri fattori, quali ad esempio l’apprezzamento del capitale. In termini di total return, dalla fine del 2013, i rendimenti dei CoCo bond sono stati ottimi. Concettualmente riteniamo anche che sia importante disporre di una gamma diversificata di questi titoli, considerati i rischi unici dell’asset class. Anche se le loro emissioni non erano diffuse, chi segue da vicino le vicende delle banche europee ricorderà sicuramente gli eventi idiosincratici che hanno coinvolto Banco Populare e Deutsche Bank negli ultimi anni. Per quanto detenere questi specifici CoCo At1 nei periodi di stress non sia stato piacevole, un approccio diversificato all’asset class ha rappresentato un modo per mitigare i rischi da titolo singolo“.